Video: Cosa Fare Quando un Cane Fa Pipì in Casa

Troverete il video interessante per diversi aspetti. In questo articolo cominciamo con un approfondimento su cosa fare quando un cane fa pipì in casa

Regia: Christian Moggi

Detesto quando i cuccioli vengono lasciati da soli in cucina durante la notte e poi li si punisce per aver fatto pipì, come se fosse un dispetto. Non è un dispetto. È la norma!

Quando un cane fa pipì in casa se la rischia. C’è chi lo punisce, chi gli mette il muso nella pipì perché capisca che non deve mai più farlo, chi lo minaccia col giornale. Questo purtroppo complica le cose, come vedremo. C’è anche chi preferisce premiarlo quando la fa all’aperto, ma anche qui sembra che i progressi non siano così rapidi ed è qui che la famiglia comincia a chiedersi dove sbaglia, cambia strategia repentinamente non sapendo cosa fare, giacché i consigli di amici, veterinari e vicini di casa sono diversi e spesso in contrapposizione fra loro. Cosa possiamo fare quindi? E cosa invece non bisogna assolutamente fare? Qual è il metodo più efficace?

muso nella pipì

Mettere il muso nella pipì? Basta!

Vedi la pipì sul pavimento e trascini il cane sul posto per punirlo? Il cane non capirà che ha sbagliato prima, ma che quella roba lì per terra provoca guai. Il risultato è che avrà un’aria mesta mesta al tuo rientro in casa se ha fatto pipì, perché per lui pipì per terra = punizione. Ma non avrà capito che non deve farla e lo dimostra il fatto che la fa ancora.

Non è un dispetto!

Essenziale comprenderlo. Ne va della buona riuscita del nostro programma di educazione a fare pipì fuori. I cani non fanno pipì in casa per dispetto, ma perché non riescono a trattenersi o non hanno ancora capito o, in casi particolari, per disturbi organici o psicologici. A noi l’intelligenza di capire, prima di tentare di farci capire!

Quando non riescono a trattenersi

Alcuni cani non vorrebbero fare i bisogni in casa, ma non riescono a trattenersi. I cuccioli a volte hanno già imparato a fare la pipì all’aperto, ma non riescono a trattenersi, hanno la vescica piena. Il cucciolo è in fase di rapido accrescimento e perché le proteine formino muscoli e tessuti hanno necessità di legarsi a molecole di acqua. È necessario quindi che il cucciolo beva tanto e di conseguenza faccia anche tanta pipì, anche dieci volte al giorno. Il nostro compito è che esca a sufficienza, non quello di punirlo quando la fa in casa, che anzi aumenterebbe lo stress del cane e per questo urinerebbe più frequentemente.

Quando lo porti a casa appena adottato

Forse non ci facciamo caso, ma staccare un cucciolo da mamma e fratelli non è cosa a lui gradita. Il conforto dato dal calore della mamma e l’odore del gruppo è necessario per uno sviluppo sano. È normale che il cucciolo piangerà se da solo, perché sarà a disagio e per questo si stresserà e sarà più facile che faccia pipì in casa. Detesto quando i cuccioli vengono lasciati da soli in cucina durante la notte e poi li si punisce per aver fatto pipì, come se fosse un dispetto. Non è un dispetto. È la norma. È normale che facciano pipì. Per stress o perché ha la vescica piena ed è sbagliato punirlo per questo. Non dovrebbero mai essere puniti per questo.

cane fa pipì sul pratoLa regola numero 1 per insegnare al cane a far pipì fuori casa

La regola numero 1 è: deve esserci una forte sproporzione a favore del numero delle pipì che fa fuori rispetto a quelle che fa in casa, per un periodo che va dai 30 ai 60 giorni. Per via di un apprendimento di tipo associativo il cucciolo avrà pian piano la necessità di avere gli odori che ci sono all’aperto per riuscire a fare pipì, ovvero si tratterrà in casa, proprio non riuscirà a farla e segnalerà che ha bisogno di uscire. Quando sento i miei cani lamentarsi di notte, so che stanno male e devono uscire. Lo chiedono a gran voce, non si trovano più a fare i bisogni in casa, così li posso portar fuori, tenere pulita la casa e farli felici, godendoci il fresco e il silenzio della notte.

Per riuscire a osservare la regola numero 1, seguite le indicazioni espresse nel video, come tenere sott’occhio il cane e portarlo fuori appena si notano i segnali che sta per fare i bisogni.

Questo è il processo di apprendimento che conta di più. Fatto questo non c’è nemmeno bisogno di premiarlo quando la fa nel posto giusto.

Premiare quando la fa nel posto giusto? Non è necessario, tranne quando…

Possiamo ulteriormente aiutare il cane a capire dove è corretto fare pipì premiandolo appena ha finito di farla nel posto giusto. Questo non è indispensabile, ma diventa necessario quando il cane è rimasto spaventato per le punizioni ricevute in casa. Questo lo porta a evitare di fare la pipì in presenza del proprietario, ovvero lo porti fuori in passeggiata e la trattiene. Poi rientra a casa, si nasconde alla tua vista e la fa. Qui sarà bene sospendere le punizioni e cominciare a premiarlo quando la fa all’aperto.

Cosa faccio se lo becco sul posto?

Digli che non va. E appena si blocca, portalo nel luogo giusto e premialo. Così da comunicargli “non ce l’ho con te o con l’azione, ma col luogo in cui la fai; solo quello è sbagliato”. Per inibirlo puoi buttare per terra un libro, fare rumore. L’importante è che il suono sia commisurato alla sola interruzione del comportamento. Se forzi di più la mano perché sei arrabbiato, comprometterai il programma e fari un gran macello: non vorrà farla in tua presenza. Non stai dicendo al cane che lui è sbagliato, ma che in quel luogo non va bene. Puoi anche usare una vocalizzo breve e incisivo, come “Ah! Ah!”, oppure “Beh!”. Questi suoni brevi e forti arrestano il comportamento. Ai miei clienti chiedo di non usare il “no” poiché ho notato che l’effetto è: “È un ordine! Se trasgredisci le prendi sul serio perché mi disobbedisci”. E questo è controproducente che accada, perché rovina la relazione e l’apprendimento, stressando il cane e causando ancor più pipì.

Quando il problema non è l’educazione

Faccio questo lavoro da diciotto anni e ho aiutato moltissimi cani. Per la maggior parte di loro si tratta solo di cattive abitudini, soprattutto quando sono cuccioli. Altre volte si tratta di problemi di altra natura. E allora, prima di andare avanti…

Se provi i metodi qui descritti e non funzionano, potrebbe essere che la causa delle pipì in casa sia ascrivibile a:

  • iperattività
  • disturbi sociali
  • stress
  • frustrazione dei bisogni fondamentali
  • potofilia
  • disturbi dell’umore
  • ansia da separazione
  • iperattaccamento secondario
  • patologie organiche di varia natura

Un professionista, attraverso un’indagine accurata, come quantità dell’urina, luogo in cui è situata, frequenza e altri fattori è in grado di identificare la causa precisa e quindi di affrontare il problema nel migliore dei modi. In questi casi il cane non imparerà a non fare i bisogni in casa con i metodi descritti nel video, ci vorrà altro. Quindi non datevi per vinti e contattate un bravo istruttore cinofilo o un bravo veterinario.

Video: Come Aiutare un Cane Pauroso con le Persone

Esempi pratici di cosa fare per aiutare un cane pauroso con le persone: il caso di Miki

In questo articolo, approfondimento al settimo video della nuova serie realizzata in collaborazione col Corriere della Sera, vedremo come aiutare un cane pauroso, “timido”, che proprio a causa di questa paura diventa aggressivo. Ovvero la sua paura non si manifesta con l’immobilizzarsi o lo scappar via, ma con l’aggredire. Niente di particolarmente pericoloso, da parte del simpatico Miki, ma comunque un comportamento abbastanza intenso da preoccupare chi cerca di approcciarlo e la sua stessa proprietaria.

Nel video osserviamo Miki che abbaia e cerca di allontanare la gente che vedendolo “così carino” tenta un approccio gentile, ma lui lo interpreta come minaccioso e risponde di conseguenza.

Obiettivo

Premesso che non è necessario che tutti si avvicinino a un cane che ha questo disagio e che dovremmo fare di tutto per proteggerlo e fargli fare solo esperienze adeguate alle sue competenze, dobbiamo prendere atto che è impossibile controllare tutto e tutti, e che capiterà senz’altro che qualcuno si avvicini nonostante le nostre precauzioni. Un percorso di crescita regalerà a questo quattro zampe così carino minore timore delle persone, maggiore socievolezza e quindi una vita più serena per lui e per la sua compagna umana.

Una questione di prospettiva

la mappa non è il territorio caniProprio così: usi voce gentile, ti abbassi, cerchi di essere amichevole, ma il cane in tutta risposta si nasconde dietro le gambe del suo compagno umano o, come succede a Miki, abbaia e allontana minacciando un morso. Questo indica che non è tanto importante ciò che accade attorno al cane, ma ciò che lui pensa di quello che accade. Ed è su questo punto che dobbiamo agire per affrancarlo dalle sue paure: il modo in cui interpreta il mondo. Nuovamente, l’approccio è cognitivo-relazionale.

Le nostre emozioni condizionano quelle del cane

La prima cosa che ho notato aiutando Miki, è che la sua compagna umana Manuela amplificava la tensione. Questo è il motivo per cui le dico di immaginare di lasciare il guinzaglio per terra proprio mentre Miki abbaia e minaccia il morso. È anche una tecnica che si può usare, ma non la raccomando poiché non si adatta a tutti i cani e tutte le situazioni (come sempre in rieducazione). Ma nel caso di Manuela in questa prima fase di coching è stato detto non di falo, ma di immaginaro. È un modo per affrontare i propri timori e guadagnare in sicurezza.  Quando il cane ha un legame speciale con noi, regola il suo comportamento, le sue emozioni e il significato da attribuire agli eventi in base a ciò che noi facciamo. Questo è ancor più vero in caso di paura, poiché in presenza di queste emozioni il cane ricerca naturalmente prossimità e connessione con la sua “base sicura”. Non c’è bisogno che il cane ci guardi direttamente; egli si accorgerà di cosa facciamo:

  • postura
  • espressione del nostro volto
  • tensione muscolare
  • colorito della pelle
  • gesticolazione
  • rigidità o morbidezza dei nostri movimenti
  • indecisione

sono tutti indicatori, che raccontano al cane come ci sentiamo a proposito di ciò che accade e questo farà da filtro per la realtà che lo circonda, influenzerà il significato che il nostro cane attribuirà agli eventi. Il reputare ostile o pericoloso qualcuno da parte del nostro cane quindi dipende in parte anche da ciò che noi stessi pensiamo e facciamo.

Possiamo certamente controllare i nostri movimenti, ma la cosa migliore è generare consapevolezza, allenarla, così da agire dal nostro interno e far fluire naturalmente all’esterno, tramite la comunicazione corporea e col tono di voce, dei messaggi che aiutino il cane invece di peggiorare le cose.

i-benefici-della-meditazione-675x506Il lavoro del cinofilo su se stesso

Di qui il mio invito a familiarizzare con la scienza della meditazione o con altri modi per esplorare se stessi. Da migliaia di anni saggi, insegnanti e più recentemente gli psicologi, ci fanno l’invito “conosci te stesso” come punto essenziale per una buona qualità della vita e delle relazioni sociali.

Tempo fa ero stato accusato da una blogger di truffare gli allievi della mia scuola per istruttori cinofili per avervi introdotto la meditazione. Dal momento che per attirare visite sul suo blog mi aveva attaccato altre volte, decisi di contattarla telefonicamente: mi piace il confronto e la forma diretta è quella che preferisco. Le feci notare che si lamenta lei stessa della “lentezza mentale” di molti proprietari di cani e che avrebbe potuto appurare i grandi benefici della “meditazione” facendo una semplice ricerca su PubMed (il più grande portale di ricerca medico scientifica). Mi diede ragione e si scusò, sebbene poi la sua mancanza di onestà intellettuale le avesse impedito di rimuovere l’articolo in cui mi accusava.

Questo aneddoto a sottolineare quanto siamo simili al cane. Anche noi elaboriamo spesso significati non attinenti alla realtà: un essere umano pre-giudica ignorando addirittura le evidenze scientifiche; un cane interpreta come minaccioso il comportamento di un passante che invece si presenta in modo amichevole.

Può esserci un rifiuto da parte di chi sino a prima di leggere questo articolo pensava che il lavoro fosse solo sul cane. Ma sono confortato dalla grande apertura mentale che ho sempre riscontrato in chi è propenso ad aiutare il proprio cane e venendo alle prese con lui si ritrova spesso a dire: ma è come per noi umani! Anche noi dobbiamo scardinare i nostri schemi! Alla fine dobbiamo imparare più noi che loro!

Anche i nostri pensieri condizionano quelli del cane: l’“effetto pigmalione”

Se pensi che il tuo cane sia un incapace, il tuo modo di comportarti gli comunicherà che è un incapace. Se pensi che sia in grado, tenderà a esserlo, se guardi al suo potenziale esso tenderà a realizzarsi. È scienza, si chiama “Effetto Pigmalione” e ne ho ampiamente parlato nel mio libro. Con i cani paurosi è essenziale tenere a mente, dialoghi interni e immagini che lo vedano comportarsi in modo brillante. Naturalmente l’altra faccia della medaglia è l’adeguata preparazione dell’ambiente, che dovrà essere commisurato alle sue capacità. Al minuto 2:05 del video intendo proprio questo.

Esperienze adeguate alle sue capacità

Quando si vuole aiutate un cane che ha paura bisogna metterlo difronte a piccole sfide, superando le quali si sentirà sempre più capace. La natura di ogni esperienza non sarà determinata da quello che noi pensiamo, ma dal modo in cui il cane reagisce. Passare a due metri da sconosciuti che non lo guardano potrebbe essere facilissimo nella nostra mente, ma per il cane potrebbe essere troppo. Se il comportamento viene bloccato da emozioni paralizzanti, se il cane rimane nel suo schema rigido, allora vuol dire che siamo andati oltre e sarà meglio fare qualche piccolo passo indietro. Se si comporta in modo brillante davanti a una situazione che a noi sembrava difficile, allora possiamo aumentare le difficoltà.

cani - addestramento attenzioneL’errore del fissarsi col chiedere continuamente attenzione al cane

Al minuto 1:30 dico a Manuela che abituare il cane a guardarci potrebbe complicare le cose. Quando il cane affronta le sue paure ha necessità di guardarsi attorno o guardare addirittura ciò che teme, capire se fuggire, difendersi o se può cominciare a fidarsi. In questo, cominciare a fidarsi, risiede il suo recupero. Ha necessità di mettersi in contatto con ciò che gli fa paura e saremo noi a mediarne i tempi, le distanze i modi, osservando il nostro cane.

In caso di paura il cane è naturalmente propenso a cercare riferimento in chi si fida: guardandolo, cercandone protezione, vicinanza o contatto fisico. Questo comportamento istintivo è utile sia alla sopravvivenza che all’apprendimento: ti sono vicino così mi proteggi, ti seguo e ti guardo così imparo. È inutile quindi cercare, in caso di paura, di addestrare il cane a guardarci.

Richiedere l’attenzione del cane (“centripetarlo” o “ingaggiarlo” direbbe qualcuno) anche nei casi di paura e timidezza è un consiglio comune, ma nasce da chi passa dall’addestramento sportivo alla riabilitazione comportamentale, pensando erroneamente che basti trasporre le cose da un’ambito all’altro per ottenere risultati. Non è così ed anzi, può essere controproducente e peggiorare le cose.

E la “desensibilizzazione”?!

Desensibilizzazione sistematica è un procedimento usato dai comportamentisti per curare le fobie e le paure. Se hai paura di un ragno lo metto a una distanza in cui la paura c’è ma è gestibile, quando ti sei abituato, avvicino il ragno e così via fino a fartelo camminare addosso. In teoria. A volte funziona, ma funziona di più e più rapidamente e con risultati più duraturi, se capiamo che il cane non è una macchina e non si serve di un apprendimento così lineare (specie per affrancarsi da una fobia). Possiamo usare il procedimento generale, ma monitorando che non esiste solo la distanza, ma altri fattori forse più potenti, come il legame col proprietario e ciò che questi fa, lo stato emotivo del cane al momento della presentazione dello “stimolo scatenante”, il livello di stress, le capacità di comunicazione e calibrazione di chi sta impostando l’esperienza.

Cambiare le convinzioni e lo Human Body Gym®

Le convinzioni sono cosa il cane crede. In base a esse il cane è felice o meno quando qualcuno allunga una mano per accarezzarlo. Se vogliamo che Miki non abbai più alle persone dobbiamo mutare ciò che pensa di esse. Ci sono molti modi per farlo, ma a un certo punto del video mostro una tecnica particolare: lo Human Body Gym® (HBG), ovvero palestra col corpo umano. È passato molto tempo da quando l’ho ideata, ma si è rivelata preziosissima soprattutto con i cani timidi. La particolarità è che l’umano è fermo ed il cane si avvicina per scelta, così come per scelta decide di creare contatto fisico con l’estraneo. Il contatto fisico col tempo genera gioia e si può poi integrare questo lavoro con altri, ricavandone un’esperienza generale che muta ciò che il cane pensa delle persone e di conseguenza le emozioni che l’incontro con loro evoca.

Le 4 Bugie Sui Cani Aggressivi

Cosa è l’aggressività nel cane? Si può rieducare un cane aggressivo senza usare coercizione?.

Premessa: perché questo video

Questo video NON è contro chiunque usi il collare a strangolo. Ci sono addestratori alle prese con cani pericolosi che non vedono alternative. Se il loro lavoro dovesse fare la differenza nella vita di un cane, è giusto che lo facciano, sebbene personalmente preferisca metodi differenti. Si tratta di scelte: mi mordo le mani e mi rattristo quando vedo cani strattonati al collare a strangolo che si potrebbero meglio aiutare senza, così come ad alcuni verrà l’orticaria nel vedermi al lavoro tenendo un rottweiler con guinzaglio lungo e pettorina.

Quello che mi preoccupa è invece la chiusura mentale. C’è chi dice che con i cani aggressivi si possa usare SOLO la coercizione. Beh, non è così. Sono molti gli esperti del settore in Italia che ritengono la coercizione non necessaria e in molti casi altamente controproducente, anche in caso di aggressività.

Ma cosa è l’aggressività?

Dopo il mio video della scorsa settimana, pubblicato su Corriere.it, ho capito da alcuni commenti, che c’era bisogno di definire cosa fosse l’aggressività e oggi, con questo video sulle 4 bugie, si rende ancor più necessario. Partiamo dalle basi, ovvero da cosa in etologia si intenda per aggressività.

Dizionario di Etologia - EinaudiAggressività: diamone una definizione

Secondo il Dizionario di Etologia Einaudi, a cura di Danilo Mainardi:

L’aggressività è uno stato interno o motivazionale che influenza la predisposizione di un animale ad aggredire. Come è noto in campo umano, l’aggressività non sempre sfocia in comportamenti aggressivi e quindi è bene tener distinto questo termine da quello di aggressione. 

Questa definizione conferma quanto affermato nel video di Duke e ne sostiene il lavoro: l’aggressività parte “da dentro”. Se vogliamo fare un bel lavoro col cane, a poco serve inibire il comportamento aggressivo con le punizioni: finché non cambia il suo stato interno e ciò che lo innesca (motivazioni, emozioni, capacità, convinzioni) non otterremo una diminuzione di aggressività. Perché il cambiamento interno avvenga, è necessario modificare ciò che il cane pensa degli altri cani.

Questo è un’altro motivo per cui scelgo di non legare la presenza degli altri cani a eventi sgradevoli o dolorosi, come strattonate, rimproveri, collari con le punte rivolte verso l’interno e simili. Il mio consiglio è anche quello di evitare il più possibile il conflitto fra cane e proprietario, che si verifica nel momento in cui il proprietario vuole sottomettere il cane, volendosi imporre come “capobranco”. L’ho imparato molto tempo fa studiando “Psicoterapia comportamentale del cane e del gatto” di B. L. Hart, L. A. Hart. Per me aveva un gran senso e da allora, era il 1998, ho cercato di adeguarmi il più possibile a questa prescrizione.

Aggressione

Sempre secondo il Dizionario di Etologia, il termine ‘aggressione’ si riferisce alle manifestazioni di minaccia, di rabbia ed eventualmente di attacco nei confronti di un animale della stessa o di diversa specie o addirittura di un oggetto qualsiasi. (…) Gli animali fanno uso dell’aggressione sia nelle interazioni con i conspecifici (per esempio nelle dispute territoriali) sia in quelle con individui di altre specie (per esempio per difendersi dai predatori).

L’aggressività fra maschi

Secondo il nostro Dizionario le forme di aggressione sono diverse, per esempio intraspecifica (tra cani) e interspecifica (fra cane ed esseri umani per esempio), predatoria, offensiva, difensiva ecc. In particolare l’aggressione intrasessuale (cane dello stesso sesso, fra maschi, o fra femmine) è la forma di aggressione più studiata e sulla cui base gli etologi, hanno costruito i loro modelli motivazionali dell’aggressività.

La comune aggressività fra maschi (e fra femmine) quindi, non solo tecnicamente rientra nelle diverse forme di aggressività, ma è addirittura la forma di aggressività più studiata dagli etologi.

aggressività fra cani

Sei punti importanti per capire meglio l’aggressività

  1. l’aggressività è perfettamente contemplata nell’etogramma nel cane
  2. ciò vuol dire che è normale, non rappresenta una psicosi, ma ciò nonostante potrebbe costituire un problema per una persona che ogni giorno deve portare il cane al parco
  3. se un cane ringhia o minaccia un altro cane, trattasi di aggressività intraspecifica, non di “semplice ostilità fra maschi”
  4. possono esserci certamente livelli di intensità diversi, dal semplice abbaiare e mostrare i denti, all’avventarsi su altri cani, cercare di morderli o provocare seri danni
  5. ci sono livelli di pericolosità differenti, a seconda della taglia del cane (il morso di un jack russel è diverso da quello di un pastore tedesco), del tipo di morso (graffia? pinza? trattiene? scuote?), dal controllo esercitato dal cane durante il morso, dal target (chi morde? bambini, anziani, cuccioli o adulti?) e da altri fattori come la prevedibilità o l’imprevedibilità delle aggressioni
  6. l’aggressività può essere considerata un problema psichico quando è usata fuori contesto o in modo inadeguato allo stesso (è normale che tu ti difenda allontanando un cane, non lo è se mordi in modo incontrollato, provocando grossi danni, in risposta alla sola presenza pacifica di un altro cane) e quando manca apprendimento, ovvero il comportamento non si adatta, ma permane nel suo schema rigido e maladattivo, nonostante l’esposizione a esperienze che in soggetti normali costituirebbero un buon ambiente di apprendimento

aggressività fra cani

Addestramento o Riabilitazione Comportamentale?

È abbastanza evidente come qui il campo sia rappresentato dalla rieducazione comportamentale, che poco o nulla ha che vedere con l’addestramento (non sarà certo l’insegnare al cane il seduto, il terra, la condotta al piede, il riporto o l’attacco lanciato, a modificarne le espressioni comportamentali). È una distinzione necessaria. Piccolo inciso: come espresso nel video, fare riabilitazione comportamentale, non significa “somministrare farmaci”, ma sapere come agire su strutture cognitive più o meno profonde, come le competenze sociali ed emotive, o su altri elementi come le motivazioni e i sistemi di credenzeConosco diversi veterinari comportamentalisti e istruttori cinofili, che fanno della riabilitazione comportamentale il loro lavoro, svolto spesso in modo superlativo. Ovvero, grazie al loro intervento i cani cambiano in meglio, diventano più adattabili, sereni e più felici insieme alle loro famiglie.

Angelo, ma allora sei contro l’addestramento?

Assolutamente no! Ho diversi amici addestratori impegnati in diverse discipline, dal retrieving, all’obedience, all’agility, al soccorso in acqua e su macerie. I loro cani si divertono un mondo, sono pieni di salute e sprizzano gioia da tutti i pori mentre lavorano. Ci sarà anche chi fa agonismo in utilità e difesa senza usare violenza e coercizione. Queste persone hanno tutto il mio sostegno. Addestratori, educatori, istruttori in riabilitazione comportamentale e veterinari comportamentalisti, non sono figure in antitesi, ma complementari. Nessuna di esse ha più valore di un’altra.

Addestratori, educatori, istruttori in riabilitazione comportamentale e veterinari comportamentalisti, non sono figure in antitesi, ma complementari. Nessuna di esse ha più valore di un’altra.

E quindi, le 4 bugie sull’aggressività fra cani

  1. l’aggressività non si può “curare”, si può solo gestire
  2. i cani aggressivi si possono gestire solo col collare a strangolo
  3. per rieducare un cane aggressivo è necessaria la coercizione
  4. se non usi la coercizione, allora imbottisci i cani di psicofarmaci

Come si interviene allora su un cane aggressivo?

Un esempio del modo in cui lavoro con l’aggressività fra cani lo trovi qui, insieme a una spiegazione approfondita del metodo: http://angelovaira.it/blog/come-rieducare-un-cane-aggressivo-il-caso-di-duke/

Come Rieducare un Cane Aggressivo: il Caso di Duke

Boxer maschio, 7 anni, aggressivo con gli altri cani. In questo video ti mostro come funziona il mio metodo.

Ed eccoci qui, dopo cinque anni torno sul Corriere della Sera con 10 nuovi video gratuiti sull’educazione del cane.

Ci voleva. Tutto cambia ed io stesso ho subito un’evoluzione. Sentivo di dover approfondire alcuni temi e sottolineare altri aspetti di come funziona il mio modo di lavorare. Grazie ai “casi” inoltre è possibile comprendere più facilmente come “si pratica” il metodo.

Ed ecco il primo video… Con questo articolo intendo dare un quadro generale del lavoro svolto con Duke. È una sorta di approfondimento del metodo e di quanto si vede in video.

L’articolo non è cortissimo, ma è anche fra quelli più esaustivi, significativi e pieni di informazioni utili. Godetevelo. Se avete domande, postatele nei commenti e vi risponderò.

Qualche considerazione generale

Ho conosciuto Duke e Marzia pochi minuti prima di girare

Non li avevo mai visti prima. Desideravo mostrare qualcosa di genuino, reale, non “preconfezionato”. Volevo emergessero le reazioni e le reali difficoltà di Duke e Marzia. È certamente più difficile lavorare in questo modo (per non dire impossibile come qualcuno ha scritto sulla mia bacheca FB), ma tante volte mi capita di aiutare lì per lì della gente al parco o in corsi di gruppo, quando faccio dimostrazioni. L’ho anche fatto da Magalli a I Fatti Vostri, in uno studio televisivo e in diretta. Per cui è una cosa con la quale ormai mi sento a mio agio e so che avrebbe consentito far dire a tanti: “è possibile”, “si può fare”, “un cane può cambiare un comportamento così ostile, così radicato nel tempo, in poche decine di minuti”. Il cane certamente può, se non ci si riesce, allora avremo la possibilità di sviluppare noi stessi delle capacità che non ancora abbiamo. Il cane, in un modo o nell’altro, ci farà da guida, se abbiamo voglia di “ascoltare”.

Rapidità dei risultati

Da alcuni sento dire: “approccio gentile sì, ma ci vuole più tempo”. Non è vero e volevo dimostrarlo: forza e violenza danneggiano il cane, rallentano i risultati e complicano le cose. Se non ti limiti semplicemente a premiare il cane quando fa la cosa giusta, ma vai a fondo e sai come lavorare con emozioni, aspettative, convinzioni, bisogni motivazioni, capacità, allora i risultati sono maggiori, più rapidi e più duraturi nel tempo.

Risultati generativi

Non sono solo duraturi, sono generativi: cane e proprietario avranno intrapreso un cammino di scoperta che li porterà a migliorarsi a vicenda, nonostante tu non ci sia più. Ed ecco uno dei principi del mio metodo: arrivare a non esserci. Non creare una dipendenza, ma far sì che il cane e la sua famiglia sappiano un giorno camminare con le proprie gambe, in autonomia e continuare insieme ad evolvere. Così che un giorno li reincontri per caso, in un ufficio postale, e con gli occhi pieni di gioia ti dicono “Vedessi com’è cambiato ancora! Un altro cane, una meraviglia!”. PS: non va sempre così. I fallimenti, gli errori, il cercare di capire dove stai sbagliando, sono tutte cose che sono toccate anche a me. Ma dobbiamo sempre tendere a ciò che di meglio riusciamo a immaginare.

E addirittura parziali…

Duke può dare molto molto di più. Sebbene ciò che abbiamo visto nel video, a Marzia appare straordinario, in verità è probabile che non sia sufficiente a “cambiarle la vita”. Nella mia idea di lavoro ben fatto, Duke dovrà modificare le sue convinzioni a proposito degli altri cani, che non dovranno più, nel tempo apparigli come una minaccia. E dovrà sviluppare nuove competenze, sociali ad esempio, come una comunicazione migliore, emotive, cognitive, come una maggiore flessibilità mentale. Vorrei per lui anche una maggiore gamma di comportamenti disponibili in presenza di altri cani: invece di abbaiare, si possono usare segnali calmanti (speciali segnali che servono a prevenire o mitigare l’intensità dei conflitti e che hanno l’effetto di calmare se stessi e gli altri), si può evitare il conflitto, conoscere l’altro, ecc. E vorrei anche una maggiore capacità di scelta da parte di Duke su quale sia il comportamento più adeguato alla situazione. Mi sono quindi raccomandato che Duke continuasse con un percorso, insieme a un esperto.

Ogni cane è un individuo unico e irripetibile

Qui hai visto Duke. E certo molti cani potranno beneficiare della stessa procedura. Ma… C’è un ma enorme: potrebbe anche non essere così. Quindi non ti aspettare che basti ripetere tutto col tuo cane e tutto andrà a meraviglia. Può darsi. Ma può anche darsi di no. Spesso abbiamo l’idea di dover adattare il caso alle nostre idee preconcette di “cosa bisogna fare in questi casi”. Grosso errore! Sono le nostre idee che devono adattarsi. Siamo noi che dobbiamo adattarci. Ogni cane è diverso e quindi altri cani necessiteranno di tempi, modalità e tecniche diverse. A volte noi professionisti ci ostiniamo a studiare i “protocolli”: cosa fare con un cane aggressivo, cosa fare con un cane pauroso ecc. Ma la differenza sostanziale non è nei protocolli, è nella persona. La persona crea la relazione. Ma vi dirò di più:

Non solo ogni cane è unico e irripetibile, ma ogni istante con un cane è unico e irripetibile.

Ogni istante! In ogni istante il cane fa qualcosa in risposta a ciò che noi facciamo in risposta a ciò che lui fa. Direzione dello sguardo, inclinazione della testa, espressione del volto, distanza, flessione degli arti, respirazione, rapidità dei movimenti, traiettorie, sono alcuni degli elementi del flusso.

Le basi del metodo

Visione generale

Il cane è un’entità cognitiva complessa. Ha una ricca vita emozionale, sociale e affettiva. Ha aspettative, sentimenti, bisogni, motivazioni profonde. Non è una macchina che risponde a comandi, né un militare sottomesso in gerarchia, né un bambino indifeso da mettere sotto una campana di vetro. Ha potenzialità incredibili e il nostro compito è quello di portarle alla luce.

La pettorina

Qui ho usato quella ad H, agganciata davanti:

    • È più delicato, ma consente di avere più forza rispetto al collare, anche quello a strangolo (che personalmente non uso più da quindici anni)
  • Consente di avere più forza rispetto alla pettorina agganciata normalmente

L’aggancio davanti è provvisorio

Questa è una fase di transizione. Lo si usa così fin tanto che il cane non cambi la convinzione: “se tiro riesco ad andare dove voglio”, in “per quanto io tiri non riesco ad ottenere nulla, Marzia rimane lì dov’è, e allora è inutile che mi sforzi tanto”. Unita al cambio di convinzione: “gli altri cani non sono una minaccia”. In genere ci vogliono poche settimane per questo passaggio. C’è chi mi chiede: perché questo passaggio? Non posso continuare a usare la pettorina agganciata davanti? Lo sconsiglio perché se la pettorina è agganciata dietro, sulla schiena, la trazione favorisce una migliore reazione della colonna. È ancor più salutare.

No bocconcini, no palline, no strattoni, no collare a strangolo

Non ho usato cibo in questo lavoro. Ho voluto dimostrare come il cibo non sia fondamentale e come si possa lavorare senza bocconcini, senza pallina, senza strattoni, senza collare. Pettorina e guinzaglio lungo sono gli unici strumenti, uniti alla connessione emotiva. Lavoro anche con i cani completamente liberi. Per esempio nelle Classi di SocializzazioneCon questo non voglio demonizzare il bocconcino, che anzi può essere un’opzione intelligente. Ma dovrebbe essere usato “per oliare le ruote, non per spingere il carro”Il cibo è un’opzione, non una necessità. Ma di certo un educatore cinofilo deve imparare ad usarlo, pena l’avere uno strumento in meno nella propria “tool box” ed è per questo che ne insegno l’utilizzo nella mia Scuola

Entrare in contatto con le emozioni

Le tue, quelle del cane, quelle di chi vi è attorno. Questo consente la connessione emotiva. La quale ti farà “sentire” cosa prova il cane e ti farà fare le scelte giuste.

Empatia è sentirsi sentiti.

– Daniel J. Siegel

 

Anche il cane ha necessità di mettersi a contatto con le proprie emozioni

Dobbiamo abilmente costruire una situazione nella quale il cane si trovi a contatto con emozioni che possa gestire. La situazione deve essere adeguata alle sue capacità. Deve esserci una certa sfida, ma non così grande da non poter essere superata. Le chiavi sono:

  • la distanza dall’altro cane
  • la tua posizione: ti poni dietro i cane, tra lui e l’altro, al suo fianco, guardi verso di lui o verso l’altro cane? Non c’è una posizione giusta, dipende da ciò che accade in quel momento
  • il tuo modo di muoverti: sii sincrono, devi rispondere con movimenti che abbiano lo stesso tempismo del tuo cane

L’obiettivo è ottenere che il cane abbia le solite emozioni negative, ma di piccola o media intensità, così che riesca a gestirle, riconoscerle e produrre alternative, da solo.

È dal cane stesso che comincia il cambiamento: quel “da solo” è importantissimo!

Non siamo noi che diciamo al cane ciò che deve fare. Non gli diciamo di curvare, stare zitto, sedersi, guardarci. Non gli diciamo “no”. È lui che genera la risposta più adeguata alla situazione. La sceglie lui. Se si è connessi, se lo si mette in una situazione adeguata alle sue capacità, sarà la risposta giusta. Potrà annusare per terra, girarsi, sospirare, guardare noi e o rilassarsi. Se la risposta è ancora minacciosa o aggressiva, allora abbiamo sbagliato con i parametri di cui al paragrafo precedente. Seguendo questo principio saremo passati dall’obbedienza al cane “libero”, che si comporta adeguatamente in ogni situazione senza un umano che gli dica sempre quello che deve fare. Seduto! Terra! Resta! Piede! Fermo!… Queste cose vanno bene nello sport e nella vita di tutti i giorni solo se ce n’è necessità. Se siamo costretti a dire costantemente al cane quello che deve fare, a parer mio, abbiamo sbagliato qualcosa nella sua educazione, anche se l’addestramento risulta perfetto.

Non giudicare

Buono o cattivo? Il cane non è né buono, né cattivo. I suoi comportamenti hanno origine all’interno, a partire da motivazioni, sentimenti, aspettative, bisogni. Per esempio dal bisogno di proteggersi, dall’idea che l’altro cane sia una minaccia, un pericolo per sé stesso o per la sua famiglia. Dire questo cane è buono, questo cane è cattivo ha due conseguenze:

    • riduce la questione a qualcosa di superficiale e impedisce di andare guardare a fondo, con la conseguenza di non risolvere un bel nulla, per poi ritrovarsi a dire: “le ho provate tutte”
  • genera reazioni disfunzionali nel proprietario: il cane è buono? “Non c’è nulla da correggere, è normale, povero!”. Il cane è cattivo? Perdi la pazienza più facilmente perché “se lo merita”, strattoni, punisci, crei tensioni e conflitti, ti irrigidisci e lo irrigidisci sulle sue posizioni, amplificando e coltivando le sue emozioni negative (e le tue)

prospettiva oltre le apparenze

Oltre le apparenze

Ogni cane agisce al meglio che può secondo la propria mappa del mondo. Mappa del mondo è l’insieme di convinzioni, l’interpretazione di ciò che accade, capacità sociali ed emotive, bisogni. Tutto questo, insieme, forma la “prospettiva” di quel singolo, unico e irripetibile individuo pensante che è il cane. In sostanza se il cane si comporta in quel modo invece di premiare o punire, puoi indagare su altri elementi.

Dietro ogni comportamento problematico c’è sempre il tentativo di soddisfare un bisogno, scova quel bisogno! 

 

Le 3 Aree di Competenza del Cane

Competenze cane

Attraverso le 3 aree di competenza, procuriamo una sufficiente varietà di esperienze, strutturiamo piani di training completi, a 360°, che aiuteranno il nostro cane a inserirsi correttamente in famiglia e in società, ad eccellere nello sport o a diventare cognitivamente flessibile in caso di terapia comportamentale.

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