Video: Mente e Comportamento del Cane – I 6 Livelli di Apprendimento

I livelli di apprendimento sono una sorta di “mappa” per orientarci nel vasto territorio rappresentato dalla mente del cane

Uno può decidere per un approccio comportamentista, analitico, in cui ogni comportamento è separato dagli altri. Personalmente preferisco un approccio cognitivo, sistemico, in cui è l’insieme nel suo complesso che si sviluppa e si rimodella.

Quante volte ci è capitato di interrogarci sulla mente e sul comportamento del cane? Come facciamo a intervenire su comportamenti indesiderati? Ma soprattutto: da dove originano? È possibile che gli servano per preservare la sua salute? E in tal caso come posso arrivare alle cause e cambiare il comportamento del cane preservando o addirittura aumentando la sua vitalità, felicità e benessere?

Ciò che spiego in questo video (la rappresentazione in “livelli di apprendimento” o di “pensiero” o di “cambiamento”) non è la teorizzazione definitiva di come funziona la mente, ma una sorta di “mappa” per orientarsi nel vasto territorio da essa rappresentato. Una mente che percepisce, elabora, interpreta, impara, cambia, regola le emozioni e si relaziona socialmente, e che non è più rappresentabile come una macchina per associazioni lineari.

Ci si può servire dei livelli di apprendimento per comprendere la complessità della mente e del comportamento del cane, capire perché si comporta come si comporta ed elaborare progetti educativi, di training verso utilità e sport e in ambito rieducativo e psicoterapeutico.

Origini del modello

I “livelli logici” non erano mai stati applicati prima alla psicologia del cane. Mi resi conto che sarebbero stati utili anche in questo ambito nel 2003, studiando un particolare lavoro svolto in campo umano. Essi devono la loro origine alla “teoria dei tipi logici” di Bertrand Russell (Whitehead A., Russel B., Principia Mathematica, 3 vols., 2nd ed., Cambridge, Cambridge University Press, 1910-13). Il lavoro di Russell è stato poi ripreso da Gregory Bateson, che a partire da essi ha elaborato l’idea di “categorie logiche dell’apprendimento” (Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976), riferito anche all’apprendimento negli animali. Successivamente Robert Dilts ne ha rielaborato il costrutto e delineato il modello dei “livelli logici” (Robert Dilts, Tim Hallbom, Suzy Smith, Convinzioni, Astrolabio, Roma 1998; Robert Dilts, Livelli di pensiero, Alessio Roberti Editore, Urgnano 2003).

Differenze col modello originario

Traslando il modello dal campo umano a quello canino, vi ho apportato delle modifiche in funzione della sua utilità. Ogni errore sulla descrizione del modello, delle sue caratteristiche e funzioni è da imputare al sottoscritto. Per chiarezza mostro in questa tabella una comparazione dei nomi attribuiti a ogni livello, rimandando una trattazione completa dell’argomento a un’altra sede.

Dilts

  • Ambiente
  • Comportamento
  • Capacità
  • Convinzioni e Valori
  • Identità
  • Spirito

Vaira

  • Ambiente (o Percezione)
  • Comportamento
  • Capacità
  • Motivazioni
  • Identità
  • Relazioni (o Interdipendenza)

Interdipendenza e gerarchia dei livelli

I livelli sono interdipendenti fra loro, si influenzano a vicenda e ogni attività che il cane dovesse svolgere li comprenderà tutti. Quello che possiamo fare è porre il nostro focus su un particolare livello per strutturare un’attività con l’intento preciso di coinvolgere proprio quel livello. Dobbiamo tenere presente però, che mentre i primi livelli ( a partire dall’ambiente) si limitano a influenzare quelli successivi, questi ultimi (a partire da quello delle relazioni) organizzano e guidano l’attività di quelli a scendere.

Il primo livello: l’ambiente

Il primo livello si riferisce al dove e quando. È il livello più superficiale, della percezione e degli organi di senso, le nostre porte verso il mondo esterno. Le domande da porci sono: come percepisce il cane l’ambiente che lo circonda? Cosa sta accadendo attorno a lui? C’è un qualcuno che si avvicina? Una pallina lanciata? L’odore di una traccia? Quanto è confortevole il luogo in cui riposa? Quanto rumore fa il traffico nel tragitto della passeggiata mattutina?

Per agire su questo livello, modifichiamo gli elementi ambientali, materiali, i quali a loro volta influiranno sullo stato mentale del cane e quindi sul suo comportamento. Su questo livello non vi è alcun apprendimento: si tratta piuttosto di “gestire” la situazione. Per esempio evitiamo di andare nel punto del parco dove spuntano i conigli che il nostro cane adora inseguire. Abbassiamo le tapparelle e alziamo il volume della TV se fuori ci sono i botti per attutirne il rumore. Oppure, se vediamo sopraggiungere un altro cane, facciamo una deviazione per tenere il nostro a debita distanza. Il cane starà meglio, ma il suo comportamento verso queste difficoltà non muterà al ripetersi di queste esperienze.

Secondo livello: il comportamento

Il secondo livello si riferisce al cosa: cosa fa il cane? Quale comportamento mette in atto? Come si muove? Qual è la sua postura? Abbaia, uggiola, ringhia o è in silenzio? Si muove veloce o lento? Che tipo di sguardo ha? Come reagisce? Quali azioni intraprende?

Agire su questo livello significa insegnare al cane nuovi comportamenti mediante associazioni fra stimoli ambientali e rinforzi. Dall’interazione fra ambiente e comportamento nascono le teorie comportamentiste e i metodi gentili, che contrappongono a una relazione basata sul concetto di dominanza, il rinforzo positivo e i condizionamenti.

Mentre siamo occupati a gratificare il nostro cane con una carezza perché è tornato da noi quando lo abbiamo chiamato però, non dobbiamo dimenticare che in realtà nella sua mente accade molto di più che un processo meccanicistico lineare del tipo vieni-premio. Quel “molto di più” è ciò di cui si occupano i livelli successivi. A partire da essi possiamo delineare una nuova metodologia per l’apprendimento del cane.

Terzo livello: le capacità

La domanda di base è come. Qui lavoriamo sulle abilità necessarie per svolgere un compito. Tutti i cani sanno girare la testa, ma come bisogna farlo perché questo risulti una comunicazione verso gli altri? Le capacità sostengono i comportamenti. Anch’esse si possono imparare. Si tratta di memoria, attenzione, concentrazione, capacità di problem solving, autocontrollo, flessibilità mentale, saper comunicare, fornire o richiedere cure, raccogliere informazioni, orientarsi nello spazio e via dicendo.

Un approfodimento di questo livello puoi trovarlo nell’articolo “Le 3 aree di competenza del cane”.

Quarto livello: le motivazioni

Le motivazioni orientano le azioni del cane nel mondo. Ci dicono perché il cane si comporta come si comporta. Quando passiamo a questo livello facciamo un vero salto nel profondo. Indaghiamo come il cane interpreta ciò che gli accade: convinzioni. Individuiamo ciò che per lui è importante, ciò che ha valore. E infine quali bisogni cerca di soddisfare comportandosi in un certo modo.

In questo stadio sono in gioco le esperienze vissute e il bagaglio genetico (razze diverse tendono ad avere motivazioni differenti). Per esempio una persona che si avvicina può rappresentare per un cane un piacevole contatto sociale e per un altro una minaccia. Se cambiamo le “convinzioni” del soggetto, il significato che attribuirà all’evento cambierà e di conseguenza cambierà anche il suo comportamento.

Quinto livello: l’identità

Il livello dell’indentità riguarda il chi. Chi è il cane con cui ci stiamo relazionando? Qual è il suo profilo caratteriale? Quali i tratti dominanti della sua personalità? È un cane “curioso”? “Aggressivo”? “Timido”? Questi tratti si modificano nel tempo e la personalità non è immutabile. Quante volte mi sono sentito dire “è un altro cane!” da proprietari sorridenti e appagati dalla nuova vita che accomuna loro a un cane più sano e felice! Ciò che loro intendono non è un cambiamento totale, ma un cambiamento in cui il cane abbiamo potuto portare alla luce il suo pieno potenziale. Si può decidere di passare il tempo a combattere contro la malattia, l’inadeguatezza, il problema comportamentale, facendo della mente dela cane un campo di battaglia. Oppure di attivare le sue risorse affinché portino il cane possa sfruttare la sua innata spinta verso la salute e benessere fisico e psicologico.

Sesto livello: le relazioni (o interdipendenza)

Questo livello è ciò che va oltre l’individuo. Gregory Bateson lo definiva “modello che connette”. Il cane ha una mente relazionale, ovvero che si struttura a partire dalle relazioni sociali, dalla connessione con gli altri, esattamente come è per noi esseri umani. La personalità del tuo amico a quattro zampe non è predeterminata genetica mente e comincia a strutturarsi già quando è un feto, a seconda del comportamento, stato mentale e biochimica della mamma. Continua con il legame d’attaccamento materno e poi con le altre figure di riferimento per il resto della sua vita. Le nostre aspettative su di lui tendono a generare un certo livello di autostima (convinzioni che lui ha di sé e delle sue capacità). Tutte le esperienze sociali che farà nell’arco della sua vita influenzeranno la costruzione della sua identità, abilità e il senso del suo posto nel mondo.

Il Dog Dynamic Learning – DDL

Ho chiamato Dog Dynamic Learning (DDL) l’insieme dei modi escogitati per lavorare su ognuno dei livelli. L’“apprendimento dinamico del cane” consiste nei cambiamenti che hanno luogo su ognuno dei livelli, spesso in parallelo. Il cervello del cane procede via via a integrare le trasformazioni avvenute in ogni area, rendendole parte di un unico sistema sano e funzionale. Tutto ciò si manifesta dinamicamente, per cui, ispirandomi al lavoro Robert Dilts, ho scelto il nome Dog Dinamyc Learning.

Questo modello può aiutarci a distingurere tra approccio comportamentista, di impostazione analitica, in cui ogni apprendimento è separato dagli altri, e approccio cognitivo, di impostazione sistemica, in cui è l’insieme nel suo complesso che si sviluppa e si rimodella.

Uno schema riassuntivo

Ecco uno schema che descrive i sei livelli del modello. Ho indicato “stimolo” e “risposta” laddove sono storicamente posti dal comportamentismo: fuori dalla “black box”. Ambiente e comportamento indicano in questa teoria gli input e gli output. All’interno invece possiamo finalmente indagare la mente grazie alle scienze cognitive. Data la complessità della mente il modello dei livelli di apprendimento può aiutarci a orientare le nostre scelte nell’educazione, nell’addestramento allo sport, protezione civile, pet therapy ecc., e nella riabilitazione comportamentale.

schema dei livelli di apprendimento del cane - vaira

Video: Cosa Fare Quando un Cane Fa Pipì in Casa

Troverete il video interessante per diversi aspetti. In questo articolo cominciamo con un approfondimento su cosa fare quando un cane fa pipì in casa

Regia: Christian Moggi

Detesto quando i cuccioli vengono lasciati da soli in cucina durante la notte e poi li si punisce per aver fatto pipì, come se fosse un dispetto. Non è un dispetto. È la norma!

Quando un cane fa pipì in casa se la rischia. C’è chi lo punisce, chi gli mette il muso nella pipì perché capisca che non deve mai più farlo, chi lo minaccia col giornale. Questo purtroppo complica le cose, come vedremo. C’è anche chi preferisce premiarlo quando la fa all’aperto, ma anche qui sembra che i progressi non siano così rapidi ed è qui che la famiglia comincia a chiedersi dove sbaglia, cambia strategia repentinamente non sapendo cosa fare, giacché i consigli di amici, veterinari e vicini di casa sono diversi e spesso in contrapposizione fra loro. Cosa possiamo fare quindi? E cosa invece non bisogna assolutamente fare? Qual è il metodo più efficace?

muso nella pipì

Mettere il muso nella pipì? Basta!

Vedi la pipì sul pavimento e trascini il cane sul posto per punirlo? Il cane non capirà che ha sbagliato prima, ma che quella roba lì per terra provoca guai. Il risultato è che avrà un’aria mesta mesta al tuo rientro in casa se ha fatto pipì, perché per lui pipì per terra = punizione. Ma non avrà capito che non deve farla e lo dimostra il fatto che la fa ancora.

Non è un dispetto!

Essenziale comprenderlo. Ne va della buona riuscita del nostro programma di educazione a fare pipì fuori. I cani non fanno pipì in casa per dispetto, ma perché non riescono a trattenersi o non hanno ancora capito o, in casi particolari, per disturbi organici o psicologici. A noi l’intelligenza di capire, prima di tentare di farci capire!

Quando non riescono a trattenersi

Alcuni cani non vorrebbero fare i bisogni in casa, ma non riescono a trattenersi. I cuccioli a volte hanno già imparato a fare la pipì all’aperto, ma non riescono a trattenersi, hanno la vescica piena. Il cucciolo è in fase di rapido accrescimento e perché le proteine formino muscoli e tessuti hanno necessità di legarsi a molecole di acqua. È necessario quindi che il cucciolo beva tanto e di conseguenza faccia anche tanta pipì, anche dieci volte al giorno. Il nostro compito è che esca a sufficienza, non quello di punirlo quando la fa in casa, che anzi aumenterebbe lo stress del cane e per questo urinerebbe più frequentemente.

Quando lo porti a casa appena adottato

Forse non ci facciamo caso, ma staccare un cucciolo da mamma e fratelli non è cosa a lui gradita. Il conforto dato dal calore della mamma e l’odore del gruppo è necessario per uno sviluppo sano. È normale che il cucciolo piangerà se da solo, perché sarà a disagio e per questo si stresserà e sarà più facile che faccia pipì in casa. Detesto quando i cuccioli vengono lasciati da soli in cucina durante la notte e poi li si punisce per aver fatto pipì, come se fosse un dispetto. Non è un dispetto. È la norma. È normale che facciano pipì. Per stress o perché ha la vescica piena ed è sbagliato punirlo per questo. Non dovrebbero mai essere puniti per questo.

cane fa pipì sul pratoLa regola numero 1 per insegnare al cane a far pipì fuori casa

La regola numero 1 è: deve esserci una forte sproporzione a favore del numero delle pipì che fa fuori rispetto a quelle che fa in casa, per un periodo che va dai 30 ai 60 giorni. Per via di un apprendimento di tipo associativo il cucciolo avrà pian piano la necessità di avere gli odori che ci sono all’aperto per riuscire a fare pipì, ovvero si tratterrà in casa, proprio non riuscirà a farla e segnalerà che ha bisogno di uscire. Quando sento i miei cani lamentarsi di notte, so che stanno male e devono uscire. Lo chiedono a gran voce, non si trovano più a fare i bisogni in casa, così li posso portar fuori, tenere pulita la casa e farli felici, godendoci il fresco e il silenzio della notte.

Per riuscire a osservare la regola numero 1, seguite le indicazioni espresse nel video, come tenere sott’occhio il cane e portarlo fuori appena si notano i segnali che sta per fare i bisogni.

Questo è il processo di apprendimento che conta di più. Fatto questo non c’è nemmeno bisogno di premiarlo quando la fa nel posto giusto.

Premiare quando la fa nel posto giusto? Non è necessario, tranne quando…

Possiamo ulteriormente aiutare il cane a capire dove è corretto fare pipì premiandolo appena ha finito di farla nel posto giusto. Questo non è indispensabile, ma diventa necessario quando il cane è rimasto spaventato per le punizioni ricevute in casa. Questo lo porta a evitare di fare la pipì in presenza del proprietario, ovvero lo porti fuori in passeggiata e la trattiene. Poi rientra a casa, si nasconde alla tua vista e la fa. Qui sarà bene sospendere le punizioni e cominciare a premiarlo quando la fa all’aperto.

Cosa faccio se lo becco sul posto?

Digli che non va. E appena si blocca, portalo nel luogo giusto e premialo. Così da comunicargli “non ce l’ho con te o con l’azione, ma col luogo in cui la fai; solo quello è sbagliato”. Per inibirlo puoi buttare per terra un libro, fare rumore. L’importante è che il suono sia commisurato alla sola interruzione del comportamento. Se forzi di più la mano perché sei arrabbiato, comprometterai il programma e fari un gran macello: non vorrà farla in tua presenza. Non stai dicendo al cane che lui è sbagliato, ma che in quel luogo non va bene. Puoi anche usare una vocalizzo breve e incisivo, come “Ah! Ah!”, oppure “Beh!”. Questi suoni brevi e forti arrestano il comportamento. Ai miei clienti chiedo di non usare il “no” poiché ho notato che l’effetto è: “È un ordine! Se trasgredisci le prendi sul serio perché mi disobbedisci”. E questo è controproducente che accada, perché rovina la relazione e l’apprendimento, stressando il cane e causando ancor più pipì.

Quando il problema non è l’educazione

Faccio questo lavoro da diciotto anni e ho aiutato moltissimi cani. Per la maggior parte di loro si tratta solo di cattive abitudini, soprattutto quando sono cuccioli. Altre volte si tratta di problemi di altra natura. E allora, prima di andare avanti…

Se provi i metodi qui descritti e non funzionano, potrebbe essere che la causa delle pipì in casa sia ascrivibile a:

  • iperattività
  • disturbi sociali
  • stress
  • frustrazione dei bisogni fondamentali
  • potofilia
  • disturbi dell’umore
  • ansia da separazione
  • iperattaccamento secondario
  • patologie organiche di varia natura

Un professionista, attraverso un’indagine accurata, come quantità dell’urina, luogo in cui è situata, frequenza e altri fattori è in grado di identificare la causa precisa e quindi di affrontare il problema nel migliore dei modi. In questi casi il cane non imparerà a non fare i bisogni in casa con i metodi descritti nel video, ci vorrà altro. Quindi non datevi per vinti e contattate un bravo istruttore cinofilo o un bravo veterinario.

Video: Come Aiutare un Cane Pauroso con le Persone

Esempi pratici di cosa fare per aiutare un cane pauroso con le persone: il caso di Miki

In questo articolo, approfondimento al settimo video della nuova serie realizzata in collaborazione col Corriere della Sera, vedremo come aiutare un cane pauroso, “timido”, che proprio a causa di questa paura diventa aggressivo. Ovvero la sua paura non si manifesta con l’immobilizzarsi o lo scappar via, ma con l’aggredire. Niente di particolarmente pericoloso, da parte del simpatico Miki, ma comunque un comportamento abbastanza intenso da preoccupare chi cerca di approcciarlo e la sua stessa proprietaria.

Nel video osserviamo Miki che abbaia e cerca di allontanare la gente che vedendolo “così carino” tenta un approccio gentile, ma lui lo interpreta come minaccioso e risponde di conseguenza.

Obiettivo

Premesso che non è necessario che tutti si avvicinino a un cane che ha questo disagio e che dovremmo fare di tutto per proteggerlo e fargli fare solo esperienze adeguate alle sue competenze, dobbiamo prendere atto che è impossibile controllare tutto e tutti, e che capiterà senz’altro che qualcuno si avvicini nonostante le nostre precauzioni. Un percorso di crescita regalerà a questo quattro zampe così carino minore timore delle persone, maggiore socievolezza e quindi una vita più serena per lui e per la sua compagna umana.

Una questione di prospettiva

la mappa non è il territorio caniProprio così: usi voce gentile, ti abbassi, cerchi di essere amichevole, ma il cane in tutta risposta si nasconde dietro le gambe del suo compagno umano o, come succede a Miki, abbaia e allontana minacciando un morso. Questo indica che non è tanto importante ciò che accade attorno al cane, ma ciò che lui pensa di quello che accade. Ed è su questo punto che dobbiamo agire per affrancarlo dalle sue paure: il modo in cui interpreta il mondo. Nuovamente, l’approccio è cognitivo-relazionale.

Le nostre emozioni condizionano quelle del cane

La prima cosa che ho notato aiutando Miki, è che la sua compagna umana Manuela amplificava la tensione. Questo è il motivo per cui le dico di immaginare di lasciare il guinzaglio per terra proprio mentre Miki abbaia e minaccia il morso. È anche una tecnica che si può usare, ma non la raccomando poiché non si adatta a tutti i cani e tutte le situazioni (come sempre in rieducazione). Ma nel caso di Manuela in questa prima fase di coching è stato detto non di falo, ma di immaginaro. È un modo per affrontare i propri timori e guadagnare in sicurezza.  Quando il cane ha un legame speciale con noi, regola il suo comportamento, le sue emozioni e il significato da attribuire agli eventi in base a ciò che noi facciamo. Questo è ancor più vero in caso di paura, poiché in presenza di queste emozioni il cane ricerca naturalmente prossimità e connessione con la sua “base sicura”. Non c’è bisogno che il cane ci guardi direttamente; egli si accorgerà di cosa facciamo:

  • postura
  • espressione del nostro volto
  • tensione muscolare
  • colorito della pelle
  • gesticolazione
  • rigidità o morbidezza dei nostri movimenti
  • indecisione

sono tutti indicatori, che raccontano al cane come ci sentiamo a proposito di ciò che accade e questo farà da filtro per la realtà che lo circonda, influenzerà il significato che il nostro cane attribuirà agli eventi. Il reputare ostile o pericoloso qualcuno da parte del nostro cane quindi dipende in parte anche da ciò che noi stessi pensiamo e facciamo.

Possiamo certamente controllare i nostri movimenti, ma la cosa migliore è generare consapevolezza, allenarla, così da agire dal nostro interno e far fluire naturalmente all’esterno, tramite la comunicazione corporea e col tono di voce, dei messaggi che aiutino il cane invece di peggiorare le cose.

i-benefici-della-meditazione-675x506Il lavoro del cinofilo su se stesso

Di qui il mio invito a familiarizzare con la scienza della meditazione o con altri modi per esplorare se stessi. Da migliaia di anni saggi, insegnanti e più recentemente gli psicologi, ci fanno l’invito “conosci te stesso” come punto essenziale per una buona qualità della vita e delle relazioni sociali.

Tempo fa ero stato accusato da una blogger di truffare gli allievi della mia scuola per istruttori cinofili per avervi introdotto la meditazione. Dal momento che per attirare visite sul suo blog mi aveva attaccato altre volte, decisi di contattarla telefonicamente: mi piace il confronto e la forma diretta è quella che preferisco. Le feci notare che si lamenta lei stessa della “lentezza mentale” di molti proprietari di cani e che avrebbe potuto appurare i grandi benefici della “meditazione” facendo una semplice ricerca su PubMed (il più grande portale di ricerca medico scientifica). Mi diede ragione e si scusò, sebbene poi la sua mancanza di onestà intellettuale le avesse impedito di rimuovere l’articolo in cui mi accusava.

Questo aneddoto a sottolineare quanto siamo simili al cane. Anche noi elaboriamo spesso significati non attinenti alla realtà: un essere umano pre-giudica ignorando addirittura le evidenze scientifiche; un cane interpreta come minaccioso il comportamento di un passante che invece si presenta in modo amichevole.

Può esserci un rifiuto da parte di chi sino a prima di leggere questo articolo pensava che il lavoro fosse solo sul cane. Ma sono confortato dalla grande apertura mentale che ho sempre riscontrato in chi è propenso ad aiutare il proprio cane e venendo alle prese con lui si ritrova spesso a dire: ma è come per noi umani! Anche noi dobbiamo scardinare i nostri schemi! Alla fine dobbiamo imparare più noi che loro!

Anche i nostri pensieri condizionano quelli del cane: l’“effetto pigmalione”

Se pensi che il tuo cane sia un incapace, il tuo modo di comportarti gli comunicherà che è un incapace. Se pensi che sia in grado, tenderà a esserlo, se guardi al suo potenziale esso tenderà a realizzarsi. È scienza, si chiama “Effetto Pigmalione” e ne ho ampiamente parlato nel mio libro. Con i cani paurosi è essenziale tenere a mente, dialoghi interni e immagini che lo vedano comportarsi in modo brillante. Naturalmente l’altra faccia della medaglia è l’adeguata preparazione dell’ambiente, che dovrà essere commisurato alle sue capacità. Al minuto 2:05 del video intendo proprio questo.

Esperienze adeguate alle sue capacità

Quando si vuole aiutate un cane che ha paura bisogna metterlo difronte a piccole sfide, superando le quali si sentirà sempre più capace. La natura di ogni esperienza non sarà determinata da quello che noi pensiamo, ma dal modo in cui il cane reagisce. Passare a due metri da sconosciuti che non lo guardano potrebbe essere facilissimo nella nostra mente, ma per il cane potrebbe essere troppo. Se il comportamento viene bloccato da emozioni paralizzanti, se il cane rimane nel suo schema rigido, allora vuol dire che siamo andati oltre e sarà meglio fare qualche piccolo passo indietro. Se si comporta in modo brillante davanti a una situazione che a noi sembrava difficile, allora possiamo aumentare le difficoltà.

cani - addestramento attenzioneL’errore del fissarsi col chiedere continuamente attenzione al cane

Al minuto 1:30 dico a Manuela che abituare il cane a guardarci potrebbe complicare le cose. Quando il cane affronta le sue paure ha necessità di guardarsi attorno o guardare addirittura ciò che teme, capire se fuggire, difendersi o se può cominciare a fidarsi. In questo, cominciare a fidarsi, risiede il suo recupero. Ha necessità di mettersi in contatto con ciò che gli fa paura e saremo noi a mediarne i tempi, le distanze i modi, osservando il nostro cane.

In caso di paura il cane è naturalmente propenso a cercare riferimento in chi si fida: guardandolo, cercandone protezione, vicinanza o contatto fisico. Questo comportamento istintivo è utile sia alla sopravvivenza che all’apprendimento: ti sono vicino così mi proteggi, ti seguo e ti guardo così imparo. È inutile quindi cercare, in caso di paura, di addestrare il cane a guardarci.

Richiedere l’attenzione del cane (“centripetarlo” o “ingaggiarlo” direbbe qualcuno) anche nei casi di paura e timidezza è un consiglio comune, ma nasce da chi passa dall’addestramento sportivo alla riabilitazione comportamentale, pensando erroneamente che basti trasporre le cose da un’ambito all’altro per ottenere risultati. Non è così ed anzi, può essere controproducente e peggiorare le cose.

E la “desensibilizzazione”?!

Desensibilizzazione sistematica è un procedimento usato dai comportamentisti per curare le fobie e le paure. Se hai paura di un ragno lo metto a una distanza in cui la paura c’è ma è gestibile, quando ti sei abituato, avvicino il ragno e così via fino a fartelo camminare addosso. In teoria. A volte funziona, ma funziona di più e più rapidamente e con risultati più duraturi, se capiamo che il cane non è una macchina e non si serve di un apprendimento così lineare (specie per affrancarsi da una fobia). Possiamo usare il procedimento generale, ma monitorando che non esiste solo la distanza, ma altri fattori forse più potenti, come il legame col proprietario e ciò che questi fa, lo stato emotivo del cane al momento della presentazione dello “stimolo scatenante”, il livello di stress, le capacità di comunicazione e calibrazione di chi sta impostando l’esperienza.

Cambiare le convinzioni e lo Human Body Gym®

Le convinzioni sono cosa il cane crede. In base a esse il cane è felice o meno quando qualcuno allunga una mano per accarezzarlo. Se vogliamo che Miki non abbai più alle persone dobbiamo mutare ciò che pensa di esse. Ci sono molti modi per farlo, ma a un certo punto del video mostro una tecnica particolare: lo Human Body Gym® (HBG), ovvero palestra col corpo umano. È passato molto tempo da quando l’ho ideata, ma si è rivelata preziosissima soprattutto con i cani timidi. La particolarità è che l’umano è fermo ed il cane si avvicina per scelta, così come per scelta decide di creare contatto fisico con l’estraneo. Il contatto fisico col tempo genera gioia e si può poi integrare questo lavoro con altri, ricavandone un’esperienza generale che muta ciò che il cane pensa delle persone e di conseguenza le emozioni che l’incontro con loro evoca.

Un Cane, un Bambino e un Seggiolone

Come insegnare a un cane a calmarsi in presenza di un bambino che… lancia la pappa dal seggiolone!

Regia: Christian Moggi

È impossibile tenere Camilla per terra… Sembra una magia!

È meraviglioso partecipare all’entusiasmo che colpisce i proprietari di cani quando questi cambiano in poco tempo il loro comportamento. Ma ogni cinofilo sa che la “magia” ha una struttura.

Approfitto quindi dell’esigenza di Francesca e Mattia, che apparentemente riguarda solo chi ha un cane affamato e un bambino piccolo, per spiegare non solo la procedura, ma anche quello che c’è dietro: se impariamo quali sono i principi che sottendono l’apprendimento del cane, allora potremo usare questi principi in qualsiasi situazione, creativamente, andando oltre al “se il cane fa così, tu fa cosà”.

Il problema

Qui abbiamo un cane, Camilla, delizioso cavalier king, che desidera cibo. Ha imparato che se si mette sotto il seggiolone di Mattia ne arriva. Il bimbo da parte sua, effettivamente lo butta giù: non ha ancora un controllo motorio sufficiente per evitarlo. E se il cibo tarda ad arrivare, il cagnolino gratta le gambe del bimbo, abbaia, e questo, come sappiamo non va bene.

La soluzione provvisoria

Fino a quando il cane non ha imparato a star giù mentre il bimbo mangia, devi far qualcosa se non vuoi che graffi le gambe del bimbo e che i vicini si lamentino per gli abbai. Per evitare di metterlo in un’altra stanza e perché familiarizzi con la presenza del seggiolone+cibo, puoi deviare la sua attenzione su qualcosa di furbo. Il Kong è lo strumento che io preferisco e lo si usa come mostro in video.

La soluzione comune per il lungo termine

Un educatore cinofilo normalmente insegna a non dare cibo da tavola, così da evitare che il cane stia lì tutto tempo, sbavante, ad aspettare. Dopo un po’ che il cibo non arriva, il cane smette di chiedere, poiché il suo comportamento non genera alcun giovamento, e quindi si sdraia e si rilassa. Un buon risultato. Tecnicamente un esperto nel modello operante direbbe: togliendo il rinforzo, il comportamento si riduce in frequenza fino ad estinguersi.

La solita soluzione qui, non si può adottare

Il problema è che un bambino su un seggiolone non lo controlli, butterà giù la pappa e quindi la soluzione di far “estinguere” il comportamento, togliendo il rinforzo rappresentato dal cibo, in questa specifica situazione, non si può attuare.

E punire il cane? Parliamo di sberle, urla e simili. Ci provano in molti ma difficilmente funziona. Necessita di un tempismo perfetto, di una intensità adeguata e nel momento in cui smetti di punire, il comportamento ricompare. Per non parlare del legame col cane che ne verrebbe indebolito.

Qui abbiamo preferito insegnare al cane un comportamento alternativo. L’obiettivo è far credere che il cibo arriva se si sdraia, anziché grattare le gambine del bimbo.

In una prima fase si insegna al cane a sedersi per ottenere cibo. A questo ci pensa la mamma o il papà, lontano dal bambino.

Successivamente, quando il cane guardando il cibo e sentendone l’odore si siede, possiamo avvicinarci al seggiolone. Inizialmente il bambino non deve avere a disposizione il cibo, così che il genitore possa premiare il cane al momento giusto.

Più tempo passa, più il cane tenderà a sdraiarsi. Dal momento che non stiamo preparando il cane a una gara, possiamo tranquillamente rinforzare anche questo comportamento. Col tempo il cane rimarrà in attesa, con le quattro zampe per terra, e riceverà il cibo direttamente dal bimbo, che per sbaglio (ma lui questo non lo sa) andrà a rinforzare il comportamento di attesa del cane.

Attenzione alle progressioni

È normale che anche quando sembra che il cane abbia imparato, riproponga il comportamento inadeguato. Possiamo capire che tutto sta procedendo per il verso giusto dal fatto che il nuovo comportamento tende sempre più, nel tempo, a prendere il posto di quello precedente. Il nostro cane inoltre apparirà col tempo più flessibile ed educato anche in altre situazioni. Il motivo risiede nel fatto che se lavoriamo bene non agiamo solo sui comportamenti, ma anche sulle sue capacità e la nostra relazione con lui.

 

È valido sempre e per tutti?

No. Il mio consiglio è di farsi aiutare sempre da un professionista, soprattutto quando si tratta di cani e bambini. Ma sento che questo genere di procedimento sia molto meglio che mettersi a punire il cane o rassegnarsi. Quindi provate e se non riuscite, rivolgetevi a un educatore cinofilo.

I principi basilari dietro l’apprendimento

Se impariamo quali sono i principi dietro l’apprendimento del cane, allora potremo usare questi principi in qualsiasi situazione, creativamente, andando oltre al “se il cane fa così, tu fa cosà”.

“I comportamenti rinforzati tendono ad aumentare in frequenza” diceva Thorndike. Chi ha un cane e gli ha insegnato a dare la zampa o fare il seduto, avrà notato quanto è semplice col rinforzo positivo: il cane fa una cosa, tu la premi, il cane è più motivato a ripeterla. Un mucchio di giochi nascono da questa sequenza: il lancio della palla è il rinforzo all’azione di riportarla. Se abbiamo un comportamento indesiderato da parte del cane, possiamo individuare il motivo per cui si comporta in quel modo, l’oggetto/evento che lo rinforza, e quindi rimuoverlo.

Questo è un modo asciutto di presentare la cosa. Si chiama “modello operante” e aiuta gli addestratori di tutto il mondo a insegnare ai cani i comportamenti più disparati. Ma è davvero tutto qui? Ho seguito questa linea di pensiero per molto tempo, fino a diventarne un fan, perché ti aiuta a ottenere qualsiasi comportamento in modo gentile e con cani che non vedono l’ora di mettersi in gioco. In un periodo dove la coercizione la faceva da padrone capite che per me è stata una scoperta incredibile, tanto da basarvi il mio lavoro per anni. Ho insegnato ai miei cani in modo gentile a fare il riporto (per sino di matite, chiavi e monete), tutto il repertorio delle prime classi di obedience e diversi trucchi. Ci siamo divertiti un mondo. Solo che a un certo punto – capita a chiunque faccia il mio lavoro e abbia una certa sensibilità – senti che manca qualcosa. Che fine fanno le emozioni, il legame sociale, le motivazioni? Me lo sono chiesto per anni e la risposta non è arrivata immediatamente, ma lungo un cammino che probabilmente non finirà mai. Ho trovato risposte nell’etologia cognitiva, nelle neuroscienze, nella psicologia animale comparata.

Come molti sanno, queste discipline scientifiche sono diventate una fonte estremamente fertile di conoscenza per una larga fetta di cinofili. Quanto segue è una piccola occasione di riflessione per chi voglia andare oltre il comportamentismo.

Cervello emotivo caniNon stai solo premiando il cane per un comportamento: stai allenando il cane emotivamente

Ad un certo punto, nel video, dico “stai allenando il cane ad attendere”. Perché i nostri amici a quattro zampe si comportino educatamente, hanno necessità di sviluppare capacità. Alcuni non capiscono che a volte il cane ha capito cosa gli chiediamo, ma non è in grado di farlo, poiché gli manza un adeguato sviluppo di intelligenza emotiva. Un punto importante da comprendere qui è che un’abilità emotiva, una volta sviluppata, il cane la utilizzerà anche in altri contesti. Se spostiamo il focus dal comportamento “giusto”, alle capacità del cane, il nostro operato andrà più a fondo e arricchirà la mente del cane, rendendola più flessibile. Questa è la differenza fra i cani che definiremmo comunemente “intelligenti” e quelli invece che sembrano dipendere costantemente dalle nostre indicazioni.

Nell’ultimo video di questa serie, realizzata in collaborazione col Corriere della Sera, tratteremo approfonditamente di come intervenire sui diversi livelli di apprendimento.

Cani e Bambini: 8 Consigli Fondamentali

Cosa fare per far crescere insieme cani e bambini costruendo una relazione sicura e felice per entrambi?

 

Regia: Christian Moggi

 

Invece di pensare alla convivenza fra cani e bambini come a “qualcosa da gestire”, possiamo trasformala in una fonte di opportunità?

La richiesta di aiuto di Francesca, arriva a seguito di diversi episodi e uno in particolare, in cui il cagnolino morde il piccolo Mattia vicino all’occhio. Nulla di grave, ma è importante che questi episodi non si ripetano.

Oltre a prendere delle misure di sicurezza però, cos’altro si può fare? Quali sono i benefici di una convivenza fra cani e bambini? Quali opportunità ci offre? Con Francesca siamo quindi partiti da questa domanda: invece di pensare alla convivenza fra cani e bambini come a “qualcosa da gestire”, possiamo trasformala in una fonte di opportunità?

Cane cantena bambino.047Le 3 cose più importanti: supervisione, supervisione, supervisione

È la cosa più importante da cui partire, la premessa fondamentale, la base su cui innestare il resto del discorso: mai lasciare cani e bambini da soli. L’ultima confessione arrivata è di una signora che durante una mia conferenza si è avvicinata e mi ha detto che ora suo nipote è terrorizzato dal cane di famiglia che gli ha assestato un morso da 18 punti… “eppure andavano d’accordo”, “eppure non ha mai avuto comportamenti aggressivi prima”. Non sappiamo cosa possa succedere, ma per esperienza so che spesso i cani sono vittime: hanno prima tentato di dire “no” gentilmente, poi a un certo punto, hanno reagito.

1. Cosa è importante per il tuo cane?

Identifica quali oggetti sono importanti per il tuo cane. O quali situazioni sono importanti per lui, come per esempio il momento delle coccole, gironzolare in cucina mentre prepariamo la cena o stare su letti e divani. Questo ci serve a capire quando può diventare possessivo e quindi è richiesta maggiore attenzione da parte nostra.

2. Creare situazioni di gioia condivisa

Se cane e bambino provano gioia mentre stanno assieme e interagiscono, imparano a conoscersi meglio e il loro legame diventa più più forte, poiché si associano l’un l’altro a emozioni positive. Ecco che cominciamo a trasformare qualcosa di valore verso cui il cane può essere possessivo in una occasione perché si leghi di più al bambino. Di seguito alcuni esempi come spunto…

Gioco e coccole

I giocattoli e le coccole non sono solo fonte di problemi. Sono anche qualcosa che rende felice il cane e con la giusta mediazione possiamo giocare e coccolare sia il cane che il bambino.

Il buongiorno al risveglio

Quando ci svegliamo possiamo con voce gentile, creare gioia in cani e bambini. Fra sorrisi e scodinzolii le giornate cominciano davvero bene.

Questa volpe, ospite del Wildlife Sanctuary di Nuneaton and Warwickshire, ci mostra cosa è un bel buongiorno per lei.

In etologia questo genere di cerimonia di chiama “greeting”, saluto. Sono rituali che rinsaldano i legami sociali. Nostro figlio può imparare osservandoci a usare una voce gentile, dolce, in armonia con lo scodinzolio e vocalizzi del cane. I nostri movimenti è meglio siano delicati e adatti al risveglio. Capite che c’è una enorme differenza con un cane svegliato da urla e tironi alla coda? Se nostro figlio è ancora troppo piccolo per muoversi adeguatamente, gli sarà comunque di beneficio essere nella stessa stanza e osservare e ascoltare la nostra interazione col cane.

Attenzione: non tutti i cani gradiscono la nostra faccia vicino alla loro. I cani non sono tutti uguali. Cercate di scoprire cosa è il massimo del risveglio per il vostro cane. E questa è un’altra occasione per insegnare qualcosa di buono ai bambini.

Altri “greeting”, rituali di saluto

La gioia causata dal rientro a casa è un altro momento bello. Ed è triste vedere così tanti operatori del settore consigliare di ignorare il cane in questa occasione. Insegnate a vostro figlio che rientrare scoppiettando, usando voce alta e agitazione non va bene. Ma se la nostra voce è lenta, bassa, gradevole, come i nostri movimenti, possiamo tranquillamente godere di questo momento.

Oltre a quello che facciamo, la gioia condivisa emerge anche a partire la luogo in cui siamo e come l’abbiamo organizzato.

3. Organizzare bene l’ambiente

L’ampiezza degli spazi, i limiti fisici imposti dai mobili, divani su cui scendere e salire, giocattoli e strumenti e il nostro modo di usarli e mediare nel loro utilizzo da parte del cane e del bambino, condizionano cosa accadrà fra cane e bambino. Tutto deve essere misurato a seconda delle dimensioni del cane, del suo carattere e dell’età e attitudini del bambino.

4. Giocattoli come chiavi interattive

Come dicevamo i giocattoli non sono solo fonte di problemi. Sono anche qualcosa che rende felice il cane e possiamo approfittarne. In questo caso Mattia è ancora piccolo e non ha ancora capito che Oliver ama che gli siano lanciati dei giocattoli. Per cui possiamo aiutarlo. Lo facciamo noi standogli vicino e lasciamo che avvengano altre cose, oltre ai lanci, supervisionando le interazioni.

5. Porsi nel mezzo

cani per bambini porsi nel mezzo

La nostra posizione è determinante perché tutto proceda in sicurezza. Dobbiamo avere la facoltà di porci fra cane e bambino, con le braccia o con tutto il corpo. Noterete che è difficile farlo per tutto il tempo, ma non è nemmeno necessario. Questa posizione è da assumere però ogni volta che lo riteniamo opportuno, come quando ci sono di mezzo i giocattoli preferiti del cane, o quando il bambino comincia a voler afferrare il pelo del cane per alzarsi in piedi.

6. Anche il cane va protetto

Vedi premessa: supervisione, supervisione supervisione!

7. Il cane deve potersi allontanare

Quando facciamo conoscere al cane il bimbo o quando il bambino autonomamente va dal cane, l’ambiente deve poter offrite al cane la possibilità di allontanarsi. Meglio ancora quando è il cane a decidere di avvicinarsi. Insomma mettere qualcuno all’angolo non lo fa mai sentire a suo agio ed è così anche per i cani.

Cane e bambino che cerca di spazzolarlo
Image by © David Fettes

8. È giusto che il cane ponga dei limiti

Se pensate che un cane debba farsi fare sempre tutto ciò che desidera dal bambino di casa, vi prego, non adottate cani. Un buon genitore non è quello che punisce il cane quando ringhia o se ne va lontano dal bambino. È quello che comprende che anche il cane può essere a disagio, che sa leggerne la comunicazione in anticipo e previene le situazioni problematiche.

È stato dimostrato che i bambini che vivono con i cani sviluppano maggiore intelligenza emotiva e sociale, rispetto a chi non ha questa possibilità. Ma questo accade perché il bambino è stato aiutato dai genitori a comprendere che anche il cane ha i suoi bisogni e dei sentimenti.

Guarda gli altri video realizzati in collaborazione col Corriere della Sera

Clicca qui per guardare gli altri video di questa serie.

 

Video: Sono 6 i Bisogni Fondamentali del Cane

I cani non fanno dispetti. Dietro ogni loro comportamento, anche il più problematico, si cela sempre il tentativo di soddisfare uno dei bisogni fondamentali

I bisogni non soddisfatti sono generatori di problemi: di salute, di comportamento.

LA GERACHIA DEI BISOGNI MaslowQuando per la prima volta incontrai gli studi dello psicologo Abraham Maslow sui bisogni fondamentali umani mi fu immediatamente chiaro che la stessa classificazione, con qualche modifica, avrei potuto utilizzarla per il cane.

Non mi spiegavo perché nessuno lo avesse mai fatto prima, in cinofilia. Eppure i suoi studi furono pubblicati già negli anni ’60 e la sua “piramide dei bisogni” è talmente chiara e utile da essere riportata su tutti i libri di psicologia generale.

Abraham Maslow, non aveva scoperto che gli umani hanno dei bisogni. Questo lo si sapeva già, naturalmente. L’utilità del suo lavoro risiede nel fatto di averne dato una forma, averli indagati, classificati e in questo modo averci permesso di prenderne maggiormente coscienza. Possiamo così spiegarci perché per un genitore il telefonino non sia necessario per il figlio dodicenne, ma per suo figlio sì: per lui non è solo un telefonino, è un mezzo per soddisfare i bisogni sociali, facendolo sentire adeguato e accettato dai coetanei.

Una guida per un approccio consapevole al cane

Esattamente come è stato per il campo umano, tutti noi amanti dei cani sappiamo che il cane ha dei bisogni. Ma cosa succede quando possiamo analizzarli alla luce di un modello che ci aiuti a maneggiarli, capirli, soddisfarli? Succede che il cane diventa più felice, sano sia psichicamente che fisicamente. E questa è la base da cui partire, prima di intraprendere qualunque percorso di rieducazione o addestramento.

LA PIRAMIDE DEI BISOGNI di VairaLa mia idea di introdurre in cinofilia maggiore consapevolezza sui bisogni del cane, derivava dal fatto che nonostante se ne parlasse – “ah sì, il cane ha i suoi bisogni” – nessuno chiariva quali fossero questi bisogni e come ci si potesse lavorare su. Se vogliamo spiegarci il suo comportamento infatti, possiamo indagarlo a fondo studiandone i bisogni. Marc Bekoff, in questa intervista, mi disse che secondo lui un buon training dovrebbe cominciare soddisfacendo i bisogni del cane. È chiaro! Perché i bisogni frustrati sono generatori di problemi: di salute e di comportamento.

Ho presentato in pubblico un mio personale adattamento della “Piramide di Maslow” al cane, per la prima volta nel 2004, durante il Corso Istruttori presso la Scuola Cognitivo-Zooantropologica di Pet Training. Ne ho parlato nel mio libro ed è dal 2006 materia di studio nella mia Scuola. È un argomento importantissimo e non può essere trascurato nella formazione degli educatori cinofili.

libro dritto al cuore del tuo cane vairaDa “Dritto al Cuore del Tuo Cane”

Nel mio libro, per rendere il testo maggiormente comprensibile ai lettori, ho ridotto le sei categorie a quattro: bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali ed evolutivi.

Bisogni fisiologici

Sono i bisogni strettamente legati alla sopravvivenza. Riguardano il mangiare, dormire, bere, respirare, essere liberi dallo stress e dalle malattie e fare esercizio fisico. Ecco alcuni suggerimenti per agire su questa categoria di bisogni:

Alimentazione

Anche il cane è ciò che mangia; il cibo condiziona la biochimica del cane, le sostanze che entrano in circolo e i livelli di energia, la sua salute, le risposte emotive, il recupero dallo stress ecc. Personalmente prediligo l’alimentazione naturale alla industriale (crocchette e cibo in scatola); lascia sempre acqua pulita e a disposizione.

Movimento

Esercizio fisico; i cani non dovrebbero rimanere chiusi in casa a far nulla tutto il giorno. Hanno necessità di passeggiare e giocare.

Libertà dallo Stress

Gli ormoni dello stress causano deficit cognitivi, problemi comportamentali e di salute; non soddisfare gli altri bisogni del cane genera stress.

Pulizia

Il cane ha bisogno di vivere in un ambiente pulito; è un aspetto difficile da tenere sotto controllo nei canili e negli allevamenti, ma essenziale.

Bisogni di sicurezza

Riguardano il sentirsi al sicuro e anche il legame sociale d’attaccamento (alla mamma, al compagno umano). La mancanza di sicurezza genera emozioni di vigilanza per tempi prolungati e il cane non si riposa mai profondamente. Il tentativo di sentirsi più al sicuro provoca nel cane aggressività, fughe o prossimità (ricerca di contatto fisico con una figura di riferimento). Quando un cane non si sente al sicuro, si può intervenire su:

1. Gli elementi che provocano insicurezza (rimuovendoli)

Questi possono essere per esempio il comportamento incoerente o l’incapacità di comunicare del proprietario, violenza e metodi di addestramento coercitivi, come anche la convivenza forzata (con altri animali o bambini), o i temporali, gli spari ecc.

2. L’interpretazione delle cose (rieducazione cognitiva):

L’intervento mira a far reinterpretare e dare nuovi significati all’oggetto che crea paura, ansia o timore. Per esempio si contestualizza lo “stimolo” in un’attività piacevole: tengo una buona distanza tra il cane e ciò che gli provoca paura e nel frattempo svolgo qualcosa che a lui piace; l’oggetto apparirà sempre meno minaccioso e le nuove emozioni positive creeranno nuove rappresentazioni e motivazioni.

3. Autoefficacia

Esercizi che aiutano il cane a sentirsi più capace, per esempio i giochi di problem solving, il clicker training o qualsiasi attività il cui obiettivo finale può essere scomposto in piccoli step, cosicché il cane, affrontadoli e superandoli uno alla volta si convince passo dopo passo di essere capace.

Bisogni sociali

Il cane è un animale sociale e come tale avverte un forte bisogno di sentirsi parte di un gruppo (appartenenza). Dall’esigenza di stare insieme si manifestano il bisogno di interagire, comunicare bene, di sentirsi importanti per gli altri, la motivazione a prendersene cura e via dicendo. Ecco su cosa possiamo agire per soddisfare questi bisogni:

Fattore tempo

Per sentirsi parte del gruppo, il cane deve stare insieme a noi condividendo tempo e spazi; i cani dovrebbero avere la possibilità di stare in casa con noi anche se si ha a disposizione un giardino.

Interazione di qualità

Non basta un tetto sulla testa e dar loro da mangiare: il cane ama fare attività con noi; è necessario vivere il cane!

Comunicazione

Capire cosa vuole dirci il cane e sapere come a nostra volta inviargli messaggi è indispensabile; un insieme di individui che convivono e non si capiscono sono destinati a rapporti inutili o conflittuali.

Regole

Se non ci sono aumenta lo stress, perché ogni evento rischia di essere rimesso in discussione; le regole si insegnano con gentilezza, decisione e coerenza.

Separazioni

In natura i cani non si separerebbero mai; per i cani non è naturale stare da soli e quindi non bisogna mai adottare un cane con l’idea di tenerlo alla catena o in un serraglio ad aspettare la stagione della caccia o da solo nella cuccia in giardino. Se dobbiamo lasciarlo solo a casa, saranno necessari tempo e pazienza per insegnarglielo.

Campo emotivo

Il campo emotivo è l’insieme di emozioni che prova l’intero gruppo; trasmettendosi come virus le emozioni passano da un membro all’altro e incidono sul benessere di tutti i soggetti coinvolti. La nostra responsabilità è quella di gestire bene le nostre emozioni, per noi stessi e soprattutto per loro.

I cani assorbono le emozioni degli umani come fossero spugne.

Accreditamento

È il bisogno di sentirsi importante per gli altri, di essere riconosciuto, apprezzato in quanto individuo; ogni volta che scambiamo affetto, soddisfiamo questo bisogno, ma anche quando gli diciamo “bravo!” per quello che ha fatto o gli riconosciamo un ruolo e cooperiamo con lui, come nella pet therapy, soccorso, sport o durante i giochi.

Gioco

È semplicemente l’attività perfetta per soddisfare i bisogni sociali e anche quelli evolutivi.

Abraham Maslow e i bisogni fondamentali del caneLe capacità individuali non sono solo potenzialità, sono anche bisogni da soddisfare.

– Abraham Maslow

 

 .

 

Bisogni evolutivi

Servono all’individuo per realizzare le sue capacità potenziali e alla specie per beneficiare dei soggetti “migliori”, quelli che più sanno adattarsi alle sfide rappresentate dall’ambiente e dalle condizioni in cui vivono. Per agevolarne la comprensione li ho suddivisi in due categorie: varietà e realizzazione.

Varietà

Una volta che l’individuo si è sfamato, si sente al sicuro, importante e ben inserito nel gruppo, emergono i bisogni di varietà. Se ogni giorno è scandito da pochi eventi sempre uguali, l’organismo non ha la possibilità di sperimentare nuove vie e quindi di evolvere. I bisogni di varietà non vengono soddisfatti in quei cani che sono molto amati e ben nutriti ma che si annoiano troppo. Prima che il cane si adatti a una vita così monotona, la sua motivazione a fare attività diverse può spingerlo a distruggere la casa (non tutti i comportamenti di distruzione di oggetti sono ascrivibili all’ansia da separazione) o il giardino.

Realizzazione

Il cane tende in essi a realizzare il suo potenziale. L’apprendimento è uno dei fattori rilevanti ed essenziali da questo punto di vista e quindi risulta evidente che imparare cose nuove, evolvere, non sia solo una facoltà del cane, ma anche un bisogno. Sono bisogni legati alle attitudini, di razza e individuali. Quindi fai vivere al tuo amico una grande varietà di esperienze. Quando questi bisogni non vengono canalizzati verso attività adeguate, il cane si annoia e cerca di soddisfarli a modo suo, esattamente come accadeva a Rebecca inseguendo i gatti. Altri esempi possono essere i soggetti iperattivi (saltano, abbaiano, non stanno mai fermi).

Per soddisfare i bisogni di realizzazione il cane dovrà vivere molte esperienze e avere la possibilità di svolgere attività in linea con le sue vocazioni, ma è sempre una buona idea fare giochi sempre più complessi e vari e svolgere attività che utilizzino l’olfatto.

Quindi ricapitolando, le due parole chiave per la categoria dei bisogni evolutivi sono: varietà (molteplici esperienze) e realizzazione (delle capacità e dell’intelligenza potenziale).

Video: Come Aiutare un Cane che Tira al Guinzaglio (prima parte)

Aiutare un cane che tira al guinzaglio non è solo una questione di strumenti, premi e punizioni

Questo video è da guardare insieme a quest’altro, girato nel 2010, perché ne è un completamento. Notate delle differenze? Scrivetele nei commenti! Intanto approfondiamo ciò che succede in questo, mentre aiuto Margot e la sua umana, Francesca.

Cosa vuoi?

È fra le prime domande che rivolgo alle persone che aiuto. Voglio dire, posso anche intervenire secondo le mie idee, ma se non ascolto con attenzione i bisogni di quella persona, sto trascurando un piccolo particolare: il cane vive in un ambiente sociale e a famiglia insoddisfatta corrisponde l’infelicità di un cane. L’intervento che fai solo sul cane è un intervento mediocre. La famiglia è un sistema e tutti gli elementi devono guadagnare armonia fra loro.

La differenza fra ‘addestramento’ e ‘agevolazione della relazione’

Ciò che Francesca desidera è che Margot non tiri più al guinzaglio e che torni al richiamo. Le due cose, apparentemente distinte, hanno in realtà una radice comune: il legame sociale. Non si tratta quindi di impartire lezioni a Margot su cosa debba fare, ma di intervenire sulla comunicazione e le emozioni che “passano” fra lei e Francesca. Questa è la linea di demarcazione fra ‘addestramento’ (rendere destro, abile) e ‘agevolare la relazione’. L’addestramento può servire ed essere parte del processo, ma il fulcro di tutto è la relazione! Essa è la base e lo spazio che tutto contiene. L’addestramento, l’educazione, una magica passeggiata, affrontare un problema comportamentale, giocare insieme, sono tutte cose che necessitano di relazione. Migliore è la relazione, migliori saranno le attività sopra citate.

Qualche domanda che conviene porsi sulla relazione:

  • Quanto si capiscono cane e proprietario?
  • Quanto sono affiatati?
  • Quanta fiducia c’è fra loro?
  • Quanto si influenzano a vicenda?
  • Quali capacità serve allenare?
  • Quali esperienze posso far vivere loro per aiutarli a sviluppare questi punti?

Cosa vuole il cane?

“Leggendo” il comportamento del cane, abbiamo accesso alle sue emozioni, intenzioni, necessità e qui a volte gli faccio da avvocato. Quando dovessero dirmi, “non deve più tirare al guinzaglio”, e io dovessi notare che il cane tira al guinzaglio perché esce di casa solo per pochi minuti, tanto per fare i bisogni, farei presente che un cane che non esplora, cammina, gioca, socializza è un cane i cui bisogni sono frustrati. E quando i bisogni sono frustrati, ecco che nascono i problemi.

Laboratorio di Comunicazione Empatica - Vaira - ThinkDogSoddisfare i bisogni del cane è più importante del training

Quindi, punto numero uno: soddisfare i bisogni del cane (fisiologici, psicologici, sociali) è la parte più importante su cui intervenire. La vita che il cane fa, le attività che svolge, cosa mangia, la qualità delle relazioni, lo rendono più o meno problematico. È quindi sbagliato pensare che il cane si comporti male perché è maleducato o non sottomesso. Certo che puoi obbligare il cane fare quello che vuoi. Ma io preferisco che il cane sia un individuo così sano e capace da scegliere liberamente il comportamento più adeguato a ogni contesto. I cani non sono macchine, né militari. Capite cosa intendo quando dico che la teoria del capobranco è completamente da rivedere?

I comportamenti sono una manifestazione esteriore dello stato mentale

Quante volte abbiamo sentito che il cane ti sta davanti in passeggiata perché è dominante? Sono sciocchezze. Chi afferma questo genere di cose non è al passo con ciò che ci dice l’etologia. E basta guardare il video per comprendere che Margot non è affatto dominante. Tira perché è un segugio. Tira perché vorrebbe sentirsi maggiormente al sicuro (seguire tracce e odori, nel suo caso è un modo per evitare di “stare” nel suo disagio). Tira perché la connessione con Francesca non è ancora delle migliori.

Quando il vostro cane si comporta come non vorreste, chiedetevi: cosa lo spinge a fare questo? Quali emozioni prova in questo momento? Qual è la loro origine? Cosa posso fare per cambiarle?

Qui il punto focale è: far sentire Margot a suo agio, rendere Francesca la sua Base Sicura (base sicura è una figura con la quale si ha una relazione duratura e alla quale rivolgersi quando ci si sente vulnerabili o bisognosi di protezione) e più interessante degli odori che possono esserci in giro.

Connessione emotiva

La connessione emotiva si realizza quando fra noi e il cane le emozioni sono un “fluente tutt’uno”. Sentiamo cosa sente il cane, lui sente ciò che sentiamo noi. Cambiamenti nel nostro stato, generano cambiamenti nello stato del cane. Diventano più importanti, l’uno per l’altro, le espressioni del volto, i gesti, gli spostamenti, perché una volta “connessi” si tende a mantenere la connessione. È di per sé gratificante, favorisce la cooperazione e sostiene l’affiliazione sociale, in altre parole rafforza il legame, qui e ora, e nel tempo.

Riuscire a crearla è il miglior presupposto per una rapporto appagante, per l’apprendimento, per lo sport, per l’educazione e per affrontare problemi comportamentali più o meno gravi.

Quando siamo connessi, riusciamo meglio e influenzare il comportamento del cane. Con Margot la connessione emotiva è la base da cui partire. Ma come si ottiene? Lo vedremo nella seconda parte di questo articolo…

Per approfondire:

Cosa fare se il cane tira al guinzaglio

Collare e guinzaglio corto? Impediscono ai cani di comunicare.

Guinzaglio lungo e pettorina facilitano la comunicazione fra cani

Sviluppare le capacità di comunicazione fra cani

10 Importanti Articoli per Cani

Ecco i miei suggerimenti sugli articoli per cani sensati, funzionali e che durino nel tempo

“Dove trovo il guinzaglio lungo? Dove trovo la pettorina come quella che usi tu? Cos’altro può servire al mio cane?”. Con la pubblicazione del mio libro e i programmi televisivi, mi sono state poste queste domande tante tante volte. Ho pensato che un video e un risposta sul blog fossero la cosa migliore, oltre che più esauriente, rispetto a un tweet, un commento o una mail.

Insomma, dato che un po’ di soldini per i nostri amici pelosi li spendiamo, tanto vale non buttarli dalla finestra ma spenderli bene. E in diciotto anni di lavoro, di soldi buttati via in cose che per i nostri amici a 4 zampe sono inutili o addirittura dannose, ne ho visti spendere tanti. Quindi eccovi la mia personale selezione.

Una mia personale selezione

Ciò che serve a un cane non si esaurisce qui. Prendete questa guida come qualcosa di essenziale e suscettibile di modifiche nel tempo e da adattare al proprio unico e irripetibile cane.

Ho selezionato gli articoli che uso quotidianamente con i miei stessi cani e con i cani delle famiglie che aiuto. Nonché gli articoli che svariate centinaia di educatori che seguono l’approccio cognitivo-relazionale sono soliti consigliare (qui i referenti ThinkDog).

I criteri che usiamo sono:

  • gentilezza (una pettorina è tanto più gentile di un collare, soprattutto se a strangolo)
  • sicurezza
  • funzionalità
  • durata nel tempo

Ma dove lo prendo? Nei negozi non si trova!

Quando la gente mi vede usare il guinzaglio lungo, mi dice anche: ma dove lo prendo? Nei negozi non si trova!

Alcuni di questi articoli si trovano nei comuni negozi per animali, altri no. Dopo anni di richieste, mi sono adoperato recentemente per mettere a disposizione uno shop on-line, così che il reperimento di articoli particolari fosse più facile.

Una precisazione che mi sta a cuore

Mi prendo anche la briga si sottolineare una cosa che mi sta a cuore. Mi è dispiaciuto leggere in qualche commento che io parlerei dei miei metodi per poter poi vendere delle pettorine. In realtà è successo esattamente il contrario: uso e consiglio la pettorina dal 2003 e solo da pochi mesi ho messo a disposizione un luogo accessibile in cui poterle comperare. Insomma faccio quello che me conta davvero: aiutare cani e famiglie, in ogni modo possibile. E continuerò a farlo, anche se a qualcuno non piacerà, ma agirò secondo i miei principi, vedrò cani più felici e tanto basta.

Il kit presentato in questo video

1. Guinzaglio lungo

Lo uso sempre, anche in città. Con due mani si gestisce perfettamente, accorciandolo e allungandolo all’occorrenza. Chiunque lo provi nota una immediata risposta di calma e relax da parte del cane, che può annusare e comunicare molto meglio. Personalmente preferisco quello senza doppio moschettone, altri lo preferiranno invece proprio così. L’importante è dare però al cane la possibilità di esplorare a guinzaglio lungo l’ambiente ogni volta che è possibile.

2. Pettorina ad H

Con cinque punti di regolazione. Più comoda e confortevole del collare.

3. Giocattoli da riempire

Il kong è il giocattolo che io preferisco.

4. Palline

Meglio due, specie all’inizio: ne lancio una e quando il cane me la lascia, rinforzo col lancio della seconda.

5. Treccia

Quando fate tira e molla insegnate subito al cane a lasciare, sennò fate come quelli che per far lasciare il cane strattonano, tirano schiaffoni sulla testa o usano il collare con le punte o elettrico. Tutto questo non è affatto necessario se insegni subito il segnale “lascia”. Per “subito” intendo, prima che la sua eccitazione diventi così alta da rendere il “lascia” difficile. Non serve urlare, punire, né sgridare. Fa’ così: lui tira tu ti fermi mantenendo salda la treccia, appena accenna a mollare, gli dici bravo e lo premi, con un bocconcino o, meglio, con la treccia stessa. Se non ti riesce, fa una lezione con un Educatore Cinofilo ThinkDog.

6. Sacchetto per i bocconcini

Qual ora ti serva usarli, così non ti sporchi le tasche e li tiri fuori rapidamente. Come da video, occhio: si usi il cibo per oliare le ruote, non per spingere il carro!

7. Panno asciugacane

I cani hanno bisogno di uscire anche se piove! Portateli ugualmente a spasso e con questi “magici panni asciugacane” ne uscirete anche vittoriosi! 🙂

8. Ciotola

Quella richiudibile la porti sempre con te.

9. Copertina

Non rimproverare mai il cane dicendogli “vai a cuccia!”. Alla copertina associa invece sempre e solo emozioni positive. Sarà un “ancoraggio” calmante e quando la poggerai in auto, in albergo, in vacanza o casa di amici, il tuo cane si rilasserà più facilmente.

10. Trasportino

Può salvare la vita del tuo cane in viaggio. Puoi trasformare lo stare in trasportino in una tana confortevole, con l’aiuto dei tuo educatore cinofilo di fiducia.

Le 4 Bugie Sui Cani Aggressivi

Cosa è l’aggressività nel cane? Si può rieducare un cane aggressivo senza usare coercizione?.

Premessa: perché questo video

Questo video NON è contro chiunque usi il collare a strangolo. Ci sono addestratori alle prese con cani pericolosi che non vedono alternative. Se il loro lavoro dovesse fare la differenza nella vita di un cane, è giusto che lo facciano, sebbene personalmente preferisca metodi differenti. Si tratta di scelte: mi mordo le mani e mi rattristo quando vedo cani strattonati al collare a strangolo che si potrebbero meglio aiutare senza, così come ad alcuni verrà l’orticaria nel vedermi al lavoro tenendo un rottweiler con guinzaglio lungo e pettorina.

Quello che mi preoccupa è invece la chiusura mentale. C’è chi dice che con i cani aggressivi si possa usare SOLO la coercizione. Beh, non è così. Sono molti gli esperti del settore in Italia che ritengono la coercizione non necessaria e in molti casi altamente controproducente, anche in caso di aggressività.

Ma cosa è l’aggressività?

Dopo il mio video della scorsa settimana, pubblicato su Corriere.it, ho capito da alcuni commenti, che c’era bisogno di definire cosa fosse l’aggressività e oggi, con questo video sulle 4 bugie, si rende ancor più necessario. Partiamo dalle basi, ovvero da cosa in etologia si intenda per aggressività.

Dizionario di Etologia - EinaudiAggressività: diamone una definizione

Secondo il Dizionario di Etologia Einaudi, a cura di Danilo Mainardi:

L’aggressività è uno stato interno o motivazionale che influenza la predisposizione di un animale ad aggredire. Come è noto in campo umano, l’aggressività non sempre sfocia in comportamenti aggressivi e quindi è bene tener distinto questo termine da quello di aggressione. 

Questa definizione conferma quanto affermato nel video di Duke e ne sostiene il lavoro: l’aggressività parte “da dentro”. Se vogliamo fare un bel lavoro col cane, a poco serve inibire il comportamento aggressivo con le punizioni: finché non cambia il suo stato interno e ciò che lo innesca (motivazioni, emozioni, capacità, convinzioni) non otterremo una diminuzione di aggressività. Perché il cambiamento interno avvenga, è necessario modificare ciò che il cane pensa degli altri cani.

Questo è un’altro motivo per cui scelgo di non legare la presenza degli altri cani a eventi sgradevoli o dolorosi, come strattonate, rimproveri, collari con le punte rivolte verso l’interno e simili. Il mio consiglio è anche quello di evitare il più possibile il conflitto fra cane e proprietario, che si verifica nel momento in cui il proprietario vuole sottomettere il cane, volendosi imporre come “capobranco”. L’ho imparato molto tempo fa studiando “Psicoterapia comportamentale del cane e del gatto” di B. L. Hart, L. A. Hart. Per me aveva un gran senso e da allora, era il 1998, ho cercato di adeguarmi il più possibile a questa prescrizione.

Aggressione

Sempre secondo il Dizionario di Etologia, il termine ‘aggressione’ si riferisce alle manifestazioni di minaccia, di rabbia ed eventualmente di attacco nei confronti di un animale della stessa o di diversa specie o addirittura di un oggetto qualsiasi. (…) Gli animali fanno uso dell’aggressione sia nelle interazioni con i conspecifici (per esempio nelle dispute territoriali) sia in quelle con individui di altre specie (per esempio per difendersi dai predatori).

L’aggressività fra maschi

Secondo il nostro Dizionario le forme di aggressione sono diverse, per esempio intraspecifica (tra cani) e interspecifica (fra cane ed esseri umani per esempio), predatoria, offensiva, difensiva ecc. In particolare l’aggressione intrasessuale (cane dello stesso sesso, fra maschi, o fra femmine) è la forma di aggressione più studiata e sulla cui base gli etologi, hanno costruito i loro modelli motivazionali dell’aggressività.

La comune aggressività fra maschi (e fra femmine) quindi, non solo tecnicamente rientra nelle diverse forme di aggressività, ma è addirittura la forma di aggressività più studiata dagli etologi.

aggressività fra cani

Sei punti importanti per capire meglio l’aggressività

  1. l’aggressività è perfettamente contemplata nell’etogramma nel cane
  2. ciò vuol dire che è normale, non rappresenta una psicosi, ma ciò nonostante potrebbe costituire un problema per una persona che ogni giorno deve portare il cane al parco
  3. se un cane ringhia o minaccia un altro cane, trattasi di aggressività intraspecifica, non di “semplice ostilità fra maschi”
  4. possono esserci certamente livelli di intensità diversi, dal semplice abbaiare e mostrare i denti, all’avventarsi su altri cani, cercare di morderli o provocare seri danni
  5. ci sono livelli di pericolosità differenti, a seconda della taglia del cane (il morso di un jack russel è diverso da quello di un pastore tedesco), del tipo di morso (graffia? pinza? trattiene? scuote?), dal controllo esercitato dal cane durante il morso, dal target (chi morde? bambini, anziani, cuccioli o adulti?) e da altri fattori come la prevedibilità o l’imprevedibilità delle aggressioni
  6. l’aggressività può essere considerata un problema psichico quando è usata fuori contesto o in modo inadeguato allo stesso (è normale che tu ti difenda allontanando un cane, non lo è se mordi in modo incontrollato, provocando grossi danni, in risposta alla sola presenza pacifica di un altro cane) e quando manca apprendimento, ovvero il comportamento non si adatta, ma permane nel suo schema rigido e maladattivo, nonostante l’esposizione a esperienze che in soggetti normali costituirebbero un buon ambiente di apprendimento

aggressività fra cani

Addestramento o Riabilitazione Comportamentale?

È abbastanza evidente come qui il campo sia rappresentato dalla rieducazione comportamentale, che poco o nulla ha che vedere con l’addestramento (non sarà certo l’insegnare al cane il seduto, il terra, la condotta al piede, il riporto o l’attacco lanciato, a modificarne le espressioni comportamentali). È una distinzione necessaria. Piccolo inciso: come espresso nel video, fare riabilitazione comportamentale, non significa “somministrare farmaci”, ma sapere come agire su strutture cognitive più o meno profonde, come le competenze sociali ed emotive, o su altri elementi come le motivazioni e i sistemi di credenzeConosco diversi veterinari comportamentalisti e istruttori cinofili, che fanno della riabilitazione comportamentale il loro lavoro, svolto spesso in modo superlativo. Ovvero, grazie al loro intervento i cani cambiano in meglio, diventano più adattabili, sereni e più felici insieme alle loro famiglie.

Angelo, ma allora sei contro l’addestramento?

Assolutamente no! Ho diversi amici addestratori impegnati in diverse discipline, dal retrieving, all’obedience, all’agility, al soccorso in acqua e su macerie. I loro cani si divertono un mondo, sono pieni di salute e sprizzano gioia da tutti i pori mentre lavorano. Ci sarà anche chi fa agonismo in utilità e difesa senza usare violenza e coercizione. Queste persone hanno tutto il mio sostegno. Addestratori, educatori, istruttori in riabilitazione comportamentale e veterinari comportamentalisti, non sono figure in antitesi, ma complementari. Nessuna di esse ha più valore di un’altra.

Addestratori, educatori, istruttori in riabilitazione comportamentale e veterinari comportamentalisti, non sono figure in antitesi, ma complementari. Nessuna di esse ha più valore di un’altra.

E quindi, le 4 bugie sull’aggressività fra cani

  1. l’aggressività non si può “curare”, si può solo gestire
  2. i cani aggressivi si possono gestire solo col collare a strangolo
  3. per rieducare un cane aggressivo è necessaria la coercizione
  4. se non usi la coercizione, allora imbottisci i cani di psicofarmaci

Come si interviene allora su un cane aggressivo?

Un esempio del modo in cui lavoro con l’aggressività fra cani lo trovi qui, insieme a una spiegazione approfondita del metodo: http://angelovaira.it/blog/come-rieducare-un-cane-aggressivo-il-caso-di-duke/

Come Rieducare un Cane Aggressivo: il Caso di Duke

Boxer maschio, 7 anni, aggressivo con gli altri cani. In questo video ti mostro come funziona il mio metodo.

Ed eccoci qui, dopo cinque anni torno sul Corriere della Sera con 10 nuovi video gratuiti sull’educazione del cane.

Ci voleva. Tutto cambia ed io stesso ho subito un’evoluzione. Sentivo di dover approfondire alcuni temi e sottolineare altri aspetti di come funziona il mio modo di lavorare. Grazie ai “casi” inoltre è possibile comprendere più facilmente come “si pratica” il metodo.

Ed ecco il primo video… Con questo articolo intendo dare un quadro generale del lavoro svolto con Duke. È una sorta di approfondimento del metodo e di quanto si vede in video.

L’articolo non è cortissimo, ma è anche fra quelli più esaustivi, significativi e pieni di informazioni utili. Godetevelo. Se avete domande, postatele nei commenti e vi risponderò.

Qualche considerazione generale

Ho conosciuto Duke e Marzia pochi minuti prima di girare

Non li avevo mai visti prima. Desideravo mostrare qualcosa di genuino, reale, non “preconfezionato”. Volevo emergessero le reazioni e le reali difficoltà di Duke e Marzia. È certamente più difficile lavorare in questo modo (per non dire impossibile come qualcuno ha scritto sulla mia bacheca FB), ma tante volte mi capita di aiutare lì per lì della gente al parco o in corsi di gruppo, quando faccio dimostrazioni. L’ho anche fatto da Magalli a I Fatti Vostri, in uno studio televisivo e in diretta. Per cui è una cosa con la quale ormai mi sento a mio agio e so che avrebbe consentito far dire a tanti: “è possibile”, “si può fare”, “un cane può cambiare un comportamento così ostile, così radicato nel tempo, in poche decine di minuti”. Il cane certamente può, se non ci si riesce, allora avremo la possibilità di sviluppare noi stessi delle capacità che non ancora abbiamo. Il cane, in un modo o nell’altro, ci farà da guida, se abbiamo voglia di “ascoltare”.

Rapidità dei risultati

Da alcuni sento dire: “approccio gentile sì, ma ci vuole più tempo”. Non è vero e volevo dimostrarlo: forza e violenza danneggiano il cane, rallentano i risultati e complicano le cose. Se non ti limiti semplicemente a premiare il cane quando fa la cosa giusta, ma vai a fondo e sai come lavorare con emozioni, aspettative, convinzioni, bisogni motivazioni, capacità, allora i risultati sono maggiori, più rapidi e più duraturi nel tempo.

Risultati generativi

Non sono solo duraturi, sono generativi: cane e proprietario avranno intrapreso un cammino di scoperta che li porterà a migliorarsi a vicenda, nonostante tu non ci sia più. Ed ecco uno dei principi del mio metodo: arrivare a non esserci. Non creare una dipendenza, ma far sì che il cane e la sua famiglia sappiano un giorno camminare con le proprie gambe, in autonomia e continuare insieme ad evolvere. Così che un giorno li reincontri per caso, in un ufficio postale, e con gli occhi pieni di gioia ti dicono “Vedessi com’è cambiato ancora! Un altro cane, una meraviglia!”. PS: non va sempre così. I fallimenti, gli errori, il cercare di capire dove stai sbagliando, sono tutte cose che sono toccate anche a me. Ma dobbiamo sempre tendere a ciò che di meglio riusciamo a immaginare.

E addirittura parziali…

Duke può dare molto molto di più. Sebbene ciò che abbiamo visto nel video, a Marzia appare straordinario, in verità è probabile che non sia sufficiente a “cambiarle la vita”. Nella mia idea di lavoro ben fatto, Duke dovrà modificare le sue convinzioni a proposito degli altri cani, che non dovranno più, nel tempo apparigli come una minaccia. E dovrà sviluppare nuove competenze, sociali ad esempio, come una comunicazione migliore, emotive, cognitive, come una maggiore flessibilità mentale. Vorrei per lui anche una maggiore gamma di comportamenti disponibili in presenza di altri cani: invece di abbaiare, si possono usare segnali calmanti (speciali segnali che servono a prevenire o mitigare l’intensità dei conflitti e che hanno l’effetto di calmare se stessi e gli altri), si può evitare il conflitto, conoscere l’altro, ecc. E vorrei anche una maggiore capacità di scelta da parte di Duke su quale sia il comportamento più adeguato alla situazione. Mi sono quindi raccomandato che Duke continuasse con un percorso, insieme a un esperto.

Ogni cane è un individuo unico e irripetibile

Qui hai visto Duke. E certo molti cani potranno beneficiare della stessa procedura. Ma… C’è un ma enorme: potrebbe anche non essere così. Quindi non ti aspettare che basti ripetere tutto col tuo cane e tutto andrà a meraviglia. Può darsi. Ma può anche darsi di no. Spesso abbiamo l’idea di dover adattare il caso alle nostre idee preconcette di “cosa bisogna fare in questi casi”. Grosso errore! Sono le nostre idee che devono adattarsi. Siamo noi che dobbiamo adattarci. Ogni cane è diverso e quindi altri cani necessiteranno di tempi, modalità e tecniche diverse. A volte noi professionisti ci ostiniamo a studiare i “protocolli”: cosa fare con un cane aggressivo, cosa fare con un cane pauroso ecc. Ma la differenza sostanziale non è nei protocolli, è nella persona. La persona crea la relazione. Ma vi dirò di più:

Non solo ogni cane è unico e irripetibile, ma ogni istante con un cane è unico e irripetibile.

Ogni istante! In ogni istante il cane fa qualcosa in risposta a ciò che noi facciamo in risposta a ciò che lui fa. Direzione dello sguardo, inclinazione della testa, espressione del volto, distanza, flessione degli arti, respirazione, rapidità dei movimenti, traiettorie, sono alcuni degli elementi del flusso.

Le basi del metodo

Visione generale

Il cane è un’entità cognitiva complessa. Ha una ricca vita emozionale, sociale e affettiva. Ha aspettative, sentimenti, bisogni, motivazioni profonde. Non è una macchina che risponde a comandi, né un militare sottomesso in gerarchia, né un bambino indifeso da mettere sotto una campana di vetro. Ha potenzialità incredibili e il nostro compito è quello di portarle alla luce.

La pettorina

Qui ho usato quella ad H, agganciata davanti:

    • È più delicato, ma consente di avere più forza rispetto al collare, anche quello a strangolo (che personalmente non uso più da quindici anni)
  • Consente di avere più forza rispetto alla pettorina agganciata normalmente

L’aggancio davanti è provvisorio

Questa è una fase di transizione. Lo si usa così fin tanto che il cane non cambi la convinzione: “se tiro riesco ad andare dove voglio”, in “per quanto io tiri non riesco ad ottenere nulla, Marzia rimane lì dov’è, e allora è inutile che mi sforzi tanto”. Unita al cambio di convinzione: “gli altri cani non sono una minaccia”. In genere ci vogliono poche settimane per questo passaggio. C’è chi mi chiede: perché questo passaggio? Non posso continuare a usare la pettorina agganciata davanti? Lo sconsiglio perché se la pettorina è agganciata dietro, sulla schiena, la trazione favorisce una migliore reazione della colonna. È ancor più salutare.

No bocconcini, no palline, no strattoni, no collare a strangolo

Non ho usato cibo in questo lavoro. Ho voluto dimostrare come il cibo non sia fondamentale e come si possa lavorare senza bocconcini, senza pallina, senza strattoni, senza collare. Pettorina e guinzaglio lungo sono gli unici strumenti, uniti alla connessione emotiva. Lavoro anche con i cani completamente liberi. Per esempio nelle Classi di SocializzazioneCon questo non voglio demonizzare il bocconcino, che anzi può essere un’opzione intelligente. Ma dovrebbe essere usato “per oliare le ruote, non per spingere il carro”Il cibo è un’opzione, non una necessità. Ma di certo un educatore cinofilo deve imparare ad usarlo, pena l’avere uno strumento in meno nella propria “tool box” ed è per questo che ne insegno l’utilizzo nella mia Scuola

Entrare in contatto con le emozioni

Le tue, quelle del cane, quelle di chi vi è attorno. Questo consente la connessione emotiva. La quale ti farà “sentire” cosa prova il cane e ti farà fare le scelte giuste.

Empatia è sentirsi sentiti.

– Daniel J. Siegel

 

Anche il cane ha necessità di mettersi a contatto con le proprie emozioni

Dobbiamo abilmente costruire una situazione nella quale il cane si trovi a contatto con emozioni che possa gestire. La situazione deve essere adeguata alle sue capacità. Deve esserci una certa sfida, ma non così grande da non poter essere superata. Le chiavi sono:

  • la distanza dall’altro cane
  • la tua posizione: ti poni dietro i cane, tra lui e l’altro, al suo fianco, guardi verso di lui o verso l’altro cane? Non c’è una posizione giusta, dipende da ciò che accade in quel momento
  • il tuo modo di muoverti: sii sincrono, devi rispondere con movimenti che abbiano lo stesso tempismo del tuo cane

L’obiettivo è ottenere che il cane abbia le solite emozioni negative, ma di piccola o media intensità, così che riesca a gestirle, riconoscerle e produrre alternative, da solo.

È dal cane stesso che comincia il cambiamento: quel “da solo” è importantissimo!

Non siamo noi che diciamo al cane ciò che deve fare. Non gli diciamo di curvare, stare zitto, sedersi, guardarci. Non gli diciamo “no”. È lui che genera la risposta più adeguata alla situazione. La sceglie lui. Se si è connessi, se lo si mette in una situazione adeguata alle sue capacità, sarà la risposta giusta. Potrà annusare per terra, girarsi, sospirare, guardare noi e o rilassarsi. Se la risposta è ancora minacciosa o aggressiva, allora abbiamo sbagliato con i parametri di cui al paragrafo precedente. Seguendo questo principio saremo passati dall’obbedienza al cane “libero”, che si comporta adeguatamente in ogni situazione senza un umano che gli dica sempre quello che deve fare. Seduto! Terra! Resta! Piede! Fermo!… Queste cose vanno bene nello sport e nella vita di tutti i giorni solo se ce n’è necessità. Se siamo costretti a dire costantemente al cane quello che deve fare, a parer mio, abbiamo sbagliato qualcosa nella sua educazione, anche se l’addestramento risulta perfetto.

Non giudicare

Buono o cattivo? Il cane non è né buono, né cattivo. I suoi comportamenti hanno origine all’interno, a partire da motivazioni, sentimenti, aspettative, bisogni. Per esempio dal bisogno di proteggersi, dall’idea che l’altro cane sia una minaccia, un pericolo per sé stesso o per la sua famiglia. Dire questo cane è buono, questo cane è cattivo ha due conseguenze:

    • riduce la questione a qualcosa di superficiale e impedisce di andare guardare a fondo, con la conseguenza di non risolvere un bel nulla, per poi ritrovarsi a dire: “le ho provate tutte”
  • genera reazioni disfunzionali nel proprietario: il cane è buono? “Non c’è nulla da correggere, è normale, povero!”. Il cane è cattivo? Perdi la pazienza più facilmente perché “se lo merita”, strattoni, punisci, crei tensioni e conflitti, ti irrigidisci e lo irrigidisci sulle sue posizioni, amplificando e coltivando le sue emozioni negative (e le tue)

prospettiva oltre le apparenze

Oltre le apparenze

Ogni cane agisce al meglio che può secondo la propria mappa del mondo. Mappa del mondo è l’insieme di convinzioni, l’interpretazione di ciò che accade, capacità sociali ed emotive, bisogni. Tutto questo, insieme, forma la “prospettiva” di quel singolo, unico e irripetibile individuo pensante che è il cane. In sostanza se il cane si comporta in quel modo invece di premiare o punire, puoi indagare su altri elementi.

Dietro ogni comportamento problematico c’è sempre il tentativo di soddisfare un bisogno, scova quel bisogno!